“L’incremento della popolazione di lupo in Italia non è un fenomeno isolato: in tutta Europa e, in generale, in molti paesi occidentali, le popolazioni di animali selvatici hanno a disposizione spazi e risorse trofiche, come non è mai accaduto negli ultimi 4 o 5 secoli”, lo ha spiegato Simone Angelucci, Responsabile Veterinario Parco Nazionale della Maiella e referente progetto Wolfnext a commento dell’alto numero di lupi riscontrato in Italia negli ultimi anni.
“L’abbandono delle campagne, lo svuotamento dei paesi pedemontani e montani, la concentrazione degli uomini nelle aree urbane, dal secondo dopoguerra ad oggi, ci ha consegnato gli effetti di un grande cambiamento ecologico, ancora in atto e, per certi versi, visibile a tutti.
Gli animali selvatici che sono prede abituali del lupo hanno oggi recuperato antichi areali in gran parte dell’Italia peninsulare e il lupo, predatore efficiente e adattativo, segue le sue prede in ambienti non più frequentati dall’uomo. Questi dati non devono essere visti in modo preoccupante o allarmistico – spiega Angelucci – Nel Parco Nazionale della Maiella, per esempio, pur essendoci 10 branchi stabili da oltre 15 anni, i danni agli animali domestici sono molto limitati e la collaborazione con gli allevatori è consolidata e positiva. Bisogna dunque accogliere questi dati come stimolo per lavorare insieme per favorire la coesistenza con il lupo, in ambiti ecologici e socio economici pur molto diversi, e tra amministrazioni con diverse competenze. Dopo il grande sforzo di ISPRA nel coordinare le attività di monitoraggio su scala nazionale, ora ben 17 Parchi Nazionali si sono messi in rete nel progetto WolfNext, finanziato dal Ministero della Transizione Ecologica e coordinato dal Parco Nazionale della Maiella, per porre a sistema e diffondere le buone pratiche di coesistenza messe in atto dalle e nelle aree protette negli ultimi anni e che, si spera, potranno essere diffuse e adattate anche alle più complesse realtà gestionali”.