È il corpo glaciale più meridionale d’Europa, l’unico degli Apennini.
Ogni anno perde circa un metro di spessore, che nei punti più profondi non supera i 25-30 metri.
L’analisi chimica del ghiaccio del Calderone, a 2.600 metri di quota, all’ombra del Gran Sasso, potrebbe raccontare la storia climatica e ambientale dell’Italia centrale. Per rispondere a queste domande l’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle Ricerche e l’Università Ca’ Foscari Venezia hanno organizzato una campagna di rilevamento e di raccolta di campioni di ghiaccio dalle profondità del Calderone.
Se le carote di ghiaccio si dimostreranno un archivio sufficientemente conservato, potranno ambire a essere custodite per decenni nel ‘santuario’ dei ghiacciai montani in sofferenza che sarà realizzato dal programma internazionale Ice Memory.
Prima bisognerà indagare per capire se gli strati di ghiaccio accumulati nei secoli sono ancora al loro posto, oppure sono stati mescolati dalla fusione dovuta all’innalzamento delle temperature. Se le risposte sulla ‘salute’ del Calderone saranno positive, gli archivi glaciali del Gran Sasso resterebbero a disposizione delle future generazioni di scienziati, nel santuario Ice Memory, anche quando il Calderone, già declassato da ghiacciaio a glacionevato, fotografia iconica del glacialismo mediterraneo, sarà definitivamente scomparso.
La prima fase della campagna sul Gran Sasso si svolgerà tra domenica 13 e lunedì 14 marzo, quando gli scienziati del team veneziano in collaborazione con colleghi dell’Ingv, dell’Università di Padova e della Engeoneering Srls saliranno sul Calderone per svolgere indagini geofisiche (con georadar ed elettromagnetometro) e topografiche.