Ci riabbracceremo un giorno. Un giorno in cui la luce e il buio non avranno più confini. Un giorno in cui ci sarà solo Alba e non più il segnale del Crepuscolo.
Stamattina lo svelamento del Cippo intitolato ai 4 dispersi sul Monte Velino, uccisi da una valanga. Una cerimonia solenne, avvenuta nel pieno rispetto delle regole Covid e nella totale commozione. Presenti anche i familiari dei 4 figli della Marsica e delle montagne d’Abruzzo.
“Queste quattro morti – ha detto il Vescovo prima della benedizione – sono state e sono storie di morte, ma anche di risurrezione. Ricordiamo tutti quei giorni di attesa: abbiamo aspettato, abbiamo sperato e abbiamo pregato. Abbiamo accompagnato i soccorsi e i soccorritori, qui presenti, con trepidazione e con angoscia; al termine, abbiamo affidato al Dio della vita e della Storia i nostri ragazzi”, ha detto sua Eccellenza.
“Ogni morte, bisogna ricordarlo, è ingresso nella resurrezione: è vita. E quando il vostro Vescovo dice che i vostri ragazzi sono vivi non è un’espressione retorica, perché le loro anime vivono e sono vive non più nel tempo, ma nell’eternità. La nostra vita è un cammino verso quella stessa eternità, alla quale vi si arriva in maniera naturale o anche in maniera drammatica”. Come quello che è accaduto a Valera, Gianmauro, Gianmarco e Tonino: nomi impressi per sempre nelle nostre giornate presenti e future. “Però mi rivolgo ai familiari, che danno un senso a questo cippo: perché siamo qui? Siamo qui per riconsegnare i volti dei nostri 4 ragazzi alla storia della nostra Marsica. Perché questi ragazzi appartengono alla nostra storia e alla storia del nostro popolo. Quello che è accaduto durante i giorni dell’attesa e durante le celebrazioni dei funerali oppure oggi, che siamo riuniti tutti qui assieme come un unico cuore, sta a testimoniare proprio questo: che oramai loro appartengono alla storia della nostra terra e delle nostre montagne“, ha affermato ancora il Vescovo.
“Impariamo da loro che cosa? – ha chiesto e si è chiesto Monsignor Pietro Santoro – perché loro, nella loro purezza ed eternità, drammaticamente sono una lezione. Il giorno del Funerale ho detto, nella mia Omelia, che essi sono stati cercatori di meraviglie; oggi dico questo: erano e sono stati cercatori di bellezza; andavano in montagna per questo. Questo concetto loro ci trasferiscono ancora adesso, anche attraverso la loro morte. Loro hanno cercato e distribuito bellezza, con la cura del Creato. Questa pietra che li ricorda e che guarda verso il Velino non è una pietra; quei è incisa l’invocazione di tutta la Marsica, affinché i volti dei nostri ragazzi ci accompagnino in questa vita, che vuole essere e deve essere ricerca di Bellezza e di Amore”.