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Paralimpiadi, anche la Marsica in fibrillazione per i campioni ‘speciali’ innamorati dell’Abruzzo

«La vittoria più grande e più attesa per queste Paralimpiadi di Rio 2016, è quella che si immergerà, senza dubbio, nell’oro della pari opportunità estese a tutti; ossia nella straordinarietà della normalità che può derivare dalla disabilità, se accettata culturalmente ed allenata». Ci siamo. Ci siamo, o forse c’è. C’è e s’intravvede questo cambiamento luminoso nello sport; un cambiamento capace di rendere tutti pedine indispensabili di un’Italia sportiva che nasce e che rinasce dalle sue stesse ambizioni. Lo sport, infatti, non abbellisce, ma rende tutti uguali tra di loro, punto. Sono incominciate l’8 settembre scorso, le gare delle Paralimpiadi di Rio, ossia della versione ufficiale dei Giochi Olimpici allargati a tutte le sfumature e a tutte le sfaccettature reali e sensibili del mondo sportivo di oggi, che non vuole essere secondo a nessuno, nemmeno a sé stesso. A Rio, cioè, si stanno disputando le sorelle agguerrite dei cinque cerchi concatenati, in cui a gareggiare testa a testa sono le anime pluricolorate del globo: le varie forme di ‘normalità altra’, o per meglio dire, della cosiddetta disabilità fisica. Ma non per questo meno forte o meno ‘normale’: anzi.

 

img_6833Paolo Di Pietro, fisioterapista marsicano dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano di Canistro, nella Provincia di L’Aquila, e fisioterapista della Nazionale Italiana di Parasnowboard, ha già, infatti, timbrato molte pagine speciali della sua vita, assieme a chi, quella stessa vita, la sente adesso scorrere addosso, sul proprio corpo, come fosse una specie di liquido prezioso ed irresistibile. «Gli atleti con disabilità – dice Di Pietro – insegnano l’arte della vita attraverso la dinamica dello sport. Io – continua – faccio parte oramai da parecchi anni della squadra Paralimpica di Snowboard che riguarda, ovviamente, tutto il settore degli sport invernali, anche se, adesso, il mio cuore sportivo batte per il sole di Rio. Nella mia lunga esperienza da fisioterapista, ho sempre visto ed annusato un altro tipo di mondo: l’8 settembre scorso, ho visto le immagini della Cerimonia di Apertura dei Giochi Paralimpici che io, è il caso di dirlo, ho vissuto sulla mia pelle a Sochi, nel 2014. Sono momenti assolutamente indimenticabili, eterni. Come se, in quel frangente lì, il sole baciasse il cuore. Sono momenti magici perché si è in contatto con tutti gli atleti, che nulla hanno da invidiare ai cosiddetti ‘normodotati’; in questi Giochi, militano sportivi del livello di Alex Zanardi e di Francesca Forcellato: ossia di sportivi che hanno ‘combattuto’, nel senso buono del termine, in più di una gara olimpionica; il primo è un campione del paraciclismo, sport in cui ha conquistato ben due medaglie d’oro ai Giochi Paralimpici di Londra 2012, mentre la seconda, la cosiddetta ‘rossa volante’, è specializzata nell’handbike e nello sci di fondo. Per quest’ultima, inoltre, – afferma ancora Paolo – si tratta della settima Olimpiade che disputa». Solamente nella prima giornata di gare, c’erano in palio 30 medaglie d’oro, in vari sport fra cui il nuoto, l’atletica e il ciclismo.

 

Le stelle del firmamento, però, per essere realmente luminose, non dovrebbero vivere mai di sole medaglie. Veronica Yoko Plebani, ad esempio, ha partecipato già alle Paralimpiadi invernali di Sochi. Paolo Di Pietro è stato il suo fisioterapista, in quanto membro della Squadra Nazionale di Parasnowboard femminile. «A Rio – dice – gareggerà con la canoa. Che dire sul suo conto? Veronica è un’atleta straordinaria, con un animo fatto di tanti buoni propositi ed anche tante ferite rimarginate. Ha un passato pazzesco che pesa sulle spalle, ma non per questo è stata meno guerriera del solito. Dopo aver messo KO la meningite, si è rimessa subito in gioco grazie al ritmo della canoa. Con lo snowboard, inoltre, ha trovato la sua dimensione di vita sportiva. Devo ammettere di aver avuto anche il grande onore di praticare la canoa assieme a lei ed alla sua grinta. Adesso, Veronica si sta giocando il tutto per tutto per riportare in patria una medaglia; spero arrivi al porto sicuro della vittoria, perché se lo merita davvero». Senza contare, quest’inverno, l’atleta paralimpica Martina Caironi (26enne bergamasca medaglia da’argento ai Mondiali di Doha) sarà un’abruzzese adottata in quanto verrà a testare lo snowboard proprio assieme alla squadra seguita da Paolo Di Pietro, per tentare di cercare emozioni altrettanto forti, ma in un’altra veste diversa: lei è la dea ‘Minerva’ del salto in lungo.

Zanardi è, dal canto suo, un grande amante della terra d’Abruzzo, tant’è che viene ad allenarsi spesse volte a Rocca Di Cambio, Rocca Di Mezzo ed Ovindoli con tutta la sua squadra al seguito. «Anche quest’anno, di fatti, – afferma Paolo – è venuto ad allenarsi tra i volti delle magiche montagne d’Abruzzo 10 giorni prima dell’inizio dei Giochi Paralimpici. Ecco, la nostra Regione risponde a questa magia delle Paralimpiadi offrendo la sua schiena, la sua spalla, il suo braccio ed il suo essere un territorio morfologicamente perfetto nel quale allenarsi. Anche Francesca Porcellato è un’altra grande atleta dell’handbike, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente a Sochi, dove spiccò nella disciplina dello sci di fondo. Devo dire una donna ed un’atleta dalle mille risorse: con sei Olimpiadi alle spalle, si è spesa molto anche per la conoscenza sensibile di questo magnifico mondo Paralimpico».

 

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Ma le Paralimpiadi, ossia questi mondi incrociati sportivi speciale e di altissimo livello, come vengono seguite dai tifosi dei Cinque Cerchi concentrici? «Devo dire – ammette Paolo – che, quest’anno, la RAI ha messo a disposizione ben due canali per le Paralimpiadi, divenendo, in questo modo, in assoluto, il main sponsor ufficiale: automaticamente, il tifo si ode di risonanza oltreoceano. Ciò che deve mutare, però, a mio avviso, grazie proprio al vettore dei Giochi Paralimpici, non è la TV stessa, ma è la cultura della gente che accende quella stessa TV. Come a dire che, le Paralimpiadi, sono un po’ un banco di prova e, allo stesso tempo, una vetrina straordinaria di approfondimento di quanto la disabilità possa effettivamente centrare qualsiasi obiettivo impostato. Tutti i bimbi ‘speciali’, tutti coloro, cioè, che si sentono oggi anormali, dovrebbero stare, ora come ora, incollati allo schermo televisivo proprio per apprendere quanto veloce sia il razzo del cambiamento nel cielo delle opportunità date a tutti, indifferentemente parlando». Il vero scopo, quindi, secondo la versione di questo fisioterapista marsicano (classe ’80) che ha vissuto sulla sua pelle il senso della bellezza oltre i confini classici dello sport, è quello di spalancare, come una finestra sul cortile, la mente delle persone. «Bisogna abbattere le barriere che risultano essere soprattutto psicologiche; lo sport insegna proprio questo: dalle discipline paralimpiche invernali a quelle estive, dal tiro con l’arco al parasnowboard, dallo sci di fondo all’handbike, lo sport è sempre vita, movimento, energia pura e  dinamicità della mente e del pensiero. Lo sport, in una parola, aiuta a migliorare la propria condizione psicofisica». In Abruzzo, ad esempio, il lume acceso delle Paralimpiadi, alla pari di una torcia nella notte, può scaldare davvero solo grazie al profondo lavoro di integrazione che deriva dall’opera delle Associazioni sportive del territorio. «L’avvicinamento allo sport e l’avviamento allo sport sono due realtà che vengono rese possibili solo grazie all’intenzione di ben altre realtà che operano sul territorio, ossia le realtà sociali, che si occupano prevalentemente di sport per ragazzi con disabilità. Tra l’Inail ed il Comitato Italiano Paralimpico (CIP), ad esempio, è ultimamente sbocciata una rosa particolare», afferma Di Pietro. Si tratta di un progetto nuovissimo, che mirerà a promuovere questo sapore speciale dello sport fra giovani con disabilità, per far sì che i ragazzi possano emergere e divenire, perché no, atleti Paralimpici, capaci di trottare anche nei prossimi Giochi dei cinque cerchi speciali. «Tutti gli italiani che, ora, sono in gara, sapranno tenere alta la bandiera del nostro Tricolore. – conclude Di Pietro – Sono sicuro che pioveranno molte medaglie d’oro sulla nostra Penisola, le quali sono soprattutto rivolte a tutti i ragazzi con disabilità che, oggi, non nascondono, stando a casa di fronte alla TV, di voler credere in un mondo nuovo, un mondo in grado di dare un’opportunità unica ed irripetibile a tutti, ma soprattutto a chi, questa benedetta opportunità, non l’ha mai saggiata bene fino al fondo per mancanza di cultura tollerante». Punto uno: quando si compete, aprire gli occhi e le orecchie. Punto due: quando si compete, non competere mai per la sola vanità.

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