Il suono del violino di Giuseppe Gibboni ha scandito il tempo a suon di virtuosismi come un fulmine. Un gruppo di persone, per lo più giovani studenti del conservatorio di musica Alfredo Casella dell’Aquila, si sono ritrovati per applaudire il premio Niccolò Paganini 2022 nell’Auditorium del Parco, disegnato da Renzo Piano a L’Aquila.
La voce strumentale, solista, di Giuseppe Gibboni è stata supportata dal coro dei legni dei solisti Aquilani, che con la loro arte hanno costruito un legame vero e densò senza mai sovrastare il suono chiaro e lucido di Gibboni; hanno protetto i suoi flash, come una fitta nebbia che non copre la sua luce ma la rende ancor più forte e misteriosa.
“È il mio debutto in Abruzzo da vincitore del premio Paganini, un bellissimo concerto, supportato da una splendida orchestra – così risponde Giuseppe Gibboni alla domanda se fosse già stato in Abruzzo -, ho trovato davvero tanto affetto dal pubblico Aquilano e grande professionalità“, il gruppo curioso lo ha chiamato sul palco per tre volte, chiedendo il tris, prima di concedergli il respiro.
Non è mancata una visita al centro storico di L’Aquila: “Cosa ho pensato nel vedere tutte queste case ricostruite e alcune ancora distrutte? Alla tanta sofferenza che ha passato questa città; anch’io ho vissuto il terremoto, non direttamente, ma l’ho sentito quando lo fece ad Amatrice, ero in un paese lì vicino, è stato molto brutto”.
Quale brano utilizzerebbe per esprimere questi sentimenti che sente parlando dell’Aquila? “Guardi, nell’ultimo brano che ho fatto, l’adagio di Bach, – racconta Gibboni con voce tremolante ed occhi lucidi – ho davvero pensato all’Aquila mentre lo eseguivo; mi sono commosso, ho sentito il dramma di questo popolo, la loro speranza, il loro desiderio di continuare a vivere”.