Oggi 25 luglio ricorre la prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani: una occasione di festa e di riflessione.
La prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, voluta da Papa Francesco ogni 25 luglio, non vuole solo festeggiare i nonni valorizzando il loro ruolo fondamentale nella famiglia e nella società, ma anche ricordare l’enorme tributo di vite pagato a causa del Coronavirus proprio dalle persone più anziane e più fragili.
“Quanto accaduto in questi ultimi anni ci costringe a riflettere sull’importanza di creare un sistema sanitario sempre più accessibile ed equo, capace di tutelare le persone anziane, partendo dall’assunto che il valore della vita è lo stesso per tutti a prescindere dalla età e che i fragili non possono essere lasciati indietro. Il nostro paese, dopo il Giappone, vanta il tasso di invecchiamento più alto del pianeta. Gli anziani sono circa 12 milioni e il loro numero aumenta del 3 per cento l’anno: come organizzarsi perché le famiglie non restino spiazzate di fronte ai problemi di cura e assistenza che il prolungarsi della vita dei genitori comporta?”. Questa è la riflessione mossa dal dottor Enrico Pendenza, Dirigente Medico Internista-Geriatra all’Ospedale di Tagliacozzo, in occasione della ricorrenza di oggi.
“Siamo di fronte a grandi sfide – avverte il medico – pensioni, sanità e soprattutto assistenza; quest’ultima ha conseguenze pesanti sulla vita quotidiana dei familiari che sono costretti a ridistribuire il loro tempo, sostenere maggiori spese e impegnare notevoli energie emotive e fisiche. I progressi della medicina e il miglioramento delle condizioni sociali, hanno permesso agli esseri umani dei Paesi più sviluppati di vivere da vecchi, ma l’organizzazione della società li costringe ad accontentarsi del loro passato“, aggiunge.
“Ecco perché è necessario un ripensamento delle politiche sociali ed assistenziali dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali perché affrontino più decisamente tale problematica, ampliando e perfezionando le strutture di accoglienza territoriale ma , soprattutto, dando più spazio alla assistenza domiciliare che, mantenendo l’anziano nel proprio ambiente domestico, contribuisce a migliorare di fatto la qualità di vita della terza età”, questa la conclusione.