“Il problema dei precari della sanità va affrontato con serietà e strategia, l’idea di assumere personale extracomunitario lanciata dalla Regione, non fa che peggiorare i rapporti con centinaia di lavoratori precari da anni e in trincea dall’inizio della pandemia, che aspettano certezze. Si può agire con un nuovo disegno di legge che, attraverso una riserva del 50 per cento, riconosca l’opportunità della stabilizzazione anche ai precari della sanità che hanno lavorato con una società o in cooperative titolari di appalti sanitari, puntando al valore della competenza. Al contempo è indispensabile concordare con le parti sociali un’intesa per definire percorsi di reinternalizzazione dei servizi, come altre regioni stanno facendo, Lazio in primis, attivando procedure concorsuali in cui sia garantita una riserva fino al massimo del 50 per cento al personale che abbia i requisiti della L. 234/2021”, la proposta del gruppo Pd in Consiglio regionale, che invita nuovamente l’esecutivo a esprimersi sull’argomento.
“Nel 2020 e con grande anticipo sui tempi, avevamo presentato una proposta di legge che avrebbe consentito la stabilizzazione di questi lavoratori, personale qualificatissimo, che il governo regionale avrebbe potuto oggi utilizzare allo scopo, se solo non avesse stravolto il nostro testo, adottando norme che non lo rendono possibile – spiegano il capogruppo Silvio Paolucci e i consiglieri Dino Pepe, Antonio Blasioli e Pierpaolo Pietrucci – Farlo si può ancora, ma si deve agire su due fronti e in tempi rapidi: un nuovo testo di legge che stavolta riservi un 50 per cento di possibilità di concorrere alla procedura concorsuale anche a quanti hanno avuto un contratto di lavoro con una società o cooperativa legata da un contratto di appalto con le Aziende Sanitarie Locali; di pari passo si proceda alla sottoscrizione di un’intesa come quella della Regione Lazio, che per il tramite delle Aziende, definisca percorsi di reinternalizzazione dei servizi, attivando procedure concorsuali in cui sia garantita una riserva fino al massimo del 50 per cento per i lavoratori che, ormai da molti anni, contribuiscono a garantire i livelli essenziali di assistenza al Sistema Sanitario Regionale abruzzese, come appunto quelli che prestano la loro attività lavorativa alle dipendenze di imprese esterne (es. società o cooperativa legata da un contratto di appalto con le Aziende Sanitarie Locali) e a cui sono stati affidati importanti servizi e che, di fatto, svolgono mansioni in modo integrato al personale medico ed infermieristico di ruolo”.
“E’ necessario procedere immediatamente anche alla mappatura di tutti i servizi dati in appalto, così da procedere alla internalizzazione di quelli sanitari e di quelli collegati (Centro Unico di Prenotazione, servizi amministrativi e via dicendo. È un treno da prendere, meglio, è un treno da far prendere a queste categorie che sono rimaste fuori dalle opportunità di stabilizzazione, in un periodo in cui risorse e possibilità non sono mancate. Ma è anche un percorso da fare con le parti sociali, l’esempio positivo del Lazio è significativo: non è pensabile, dopo tre anni di mancata programmazione della sanità, andare avanti a spot anche sulla programmazione del personale sanitario, perché si produce un grave dispendio di tempo e di risorse e, soprattutto, si mortificano speranze e diritti”.