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Ricercatori aquilani nel programma di Alberto Angela

Nella prima puntata di “Noos. L’avventura della conoscenza”, in onda il 29 giugno

Meraviglie, l’Abruzzo su Rai1 con Alberto Angela

Sarà una puntata che “parlerà” anche aquilano quella di “Noos. L’avventura della conoscenza”, condotta da Alberto Angela e che andrà in onda giovedì 29 giugno alle 21.25 su Rai 1.

Nella prima puntata del nuovo programma Rai sarà trasmesso un importante servizio, realizzato da Lorenzo Pinna, sulla bioantropologia delle mummie rinvenute nel Monastero delle Clarisse Eremite di Fara in Sabina, in provincia di Rieti, studiate dal gruppo di ricerca guidato dai professori Luca Ventura, paleopatologo ed anatomopatologo presso l’ospedale “San Salvatore” dell’Aquila, e Mirko Traversari, bioantropologo dell’Università di Bologna. Il progetto di ricerca coinvolge una rete nazionale di collaborazioni tra cui ricercatori indipendenti e centri di ricerca, universitari e non.

I ricercatori hanno effettuato delle indagini scientifiche estremamente approfondite sui 17 corpi perfettamente mummificati delle monache che alla fine del 1600 fondarono la comunità nell’egida di antiche famiglie romane come i Farnese e i Barberini.

Oltre a Ventura, gli altri ricercatori aquilani coinvolti nel progetto sono il professor Federico Bruno, radiologo, e le tecniche di radiologia medica, dottoresse Anna Avitabile e Alessia Risdonna, sempre in forza al nosocomio aquilano.

La movimentazione ed il trasporto in sicurezza dei corpi è stato effettuato dal personale dell’azienda “Angelo Taffo”.

“Noos. L’avventura della conoscenza”, è il nuovo programma di Rai Cultura dedicato alla divulgazione scientifica che ha preso il posto storicamente occupato da Superquark di Piero Angela, del quale mantiene i punti di forza. La serie si svilupperà in sei puntate tra servizi dedicati alle maggiori novità scientifiche, scoperte nei campi della medicina, della genetica, delle neuroscienze e della biologia, con un occhio all’archeologia e alle innovazioni tecnologiche, energetiche e ambientali.
Con l’evoluzione delle tecnologie medico-diagnostiche, questi resti possono oggi raccontarci moltissime cose sui loro legittimi proprietari di un tempo e sulla loro vita, ad esempio sulla loro alimentazione, sulle malattie che li afflissero o sulla loro costituzione genetica.

“I corpi mummificati delle Clarisse Eremite di Fara in Sabina – spiega il professor Ventura – rivestono un interesse scientifico straordinario: si tratta, infatti, di una delle più numerose serie di mummie italiane, in ottime condizioni di conservazione e composta esclusivamente di soggetti di sesso femminile, solitamente poco rappresentati nelle casistiche antiche: ciò consentirà di effettuare studi scientifici di genere oltre che di comunità, un ‘binomio’ più unico che raro in questo settore”.

“Un primo esame del corpo – affermano quindi Ventura e Traversari – viene effettuato, come da protocollo, con la classificazione e il rilievo fotografico dei resti. Molte informazioni si possono già ricavare senza bisogno di particolari apparati, dalla statura, ad eventuali danni ossei macroscopici, all’età al momento del decesso. Un vero lavoro da detective. Vengono poi effettuati prelievi di piccolissimi campioni che serviranno per l’analisi del DNA o resti di antichi indumenti per la ricostruzione degli abiti un tempo indossati”.

Già nella prima fase delle indagini scientifiche sono emersi dati di sicuro rilievo, recentemente presentati al congresso nazionale del Gruppo Italiano di Paleopatologia, del quale Ventura è coordinatore nazionale, tenuto a Napoli il 17 giugno scorso.
“Un aspetto estremamente interessante dello studio dei corpi mummificati – spiega a questo punto Ventura – riguarda le malattie che colpivano questa Comunità Monastica. Sono state infatti riscontrate malattie importanti come la tubercolosi, presente in almeno 6 individui, e la calcolosi della colecisti, in 3 individui, sicuramente legata alla alimentazione ed alla predisposizione genetica. Assai frequenti sono risultate anche particolari forme di artrosi a carico del ginocchio e del piede, certamente riferibili alle quotidiane attività della preghiera e della meditazione”.

Oltre alla valorizzazione delle mummie, lo studio ha reso evidente la necessità di un intervento finalizzato a migliorare le condizioni di conservazione dei corpi. Un nuovo allestimento espositivo è infatti in corso di progettazione, grazie all’impegno di Madre Chiara Farfalla, Abbadessa della Comunità delle Clarisse farensi, e di Suor Barbara Scuglia.
Per ulteriori informazioni e per contribuire al progetto di conservazione delle mummie consultare il sito web http://www.clarisseremite.com/

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