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Rinunciare a smart working? Il 42% degli abruzzesi pronti a licenziarsi

Il rifiutò del tornare in ufficio, è connesso strettamente al Great resignation, fenomeno che ha visto numerosi lavoratori lasciare spontaneamente il proprio impiego in diversi settori produttivi

La “great resignation”, ovvero l’abbandono volontario del posto di lavoro, è uno dei principali fenomeni che si sta verificando dopo la pandemia da Covid-19.

Il 40% dei lavoratori a livello mondiale intende a cambiare lavoro nei prossimi 4-6 mesi se saranno costretti a restare in pianta stabile in ufficio, avendo vissuto, nonostante le difficoltà della pandemia, un accrescimento della qualità della vita grazie allo smart working.

In Abruzzo la percentuale è anche più alta: il 42% dei lavoratori abruzzesi che svolgono mansioni di concetto, a ritornare in ufficio full time ‘non ci pensano nemmeno, pronti a perdere il posto, e cercarsene un altro.

Sono alcune delle tendenze che emergono per l’Abruzzo da “People at Work 2022: A Global Workforce View”, l’annuale survey redatta dall’Adp Research Institute, multinazionale americana leader nell’human capital management.

Per il 38% dei lavoratori abruzzesi, si legge poi nella ricerca, la combinazione migliore è data da lavoro da remoto unito a lavoro da ufficio e il 33% accetterebbe una riduzione della retribuzione se ciò significasse migliorare il proprio equilibrio tra lavoro e vita privata.

Sebbene la retribuzione sia ancora per i lavoratori abruzzesi il fattore più importante in un lavoro (64%), un terzo di essi sarebbe disposto ad accettare una riduzione della paga per ottenere maggiore flessibilità o controllo sulla propria vita lavorativa.

“Per i datori di lavoro che sono ancora alle prese con una decisione in merito al rientro dei dipendenti dopo il periodo di smart semplificato – afferma l’Hr director di Adp Italia, Marisa Campagnoli – è fondamentale garantire loro un ambiente di lavoro sereno, alla luce di tutte le pressioni che hanno subito e la dedizione dimostrata durante la pandemia, dando loro maggiore flessibilità e fiducia. Dallo studio emerge come un numero crescente di dipendenti consideri sicuro un lavoro che permetta loro di guadagnarsi da vivere alle proprie condizioni, senza intaccare aspetti essenziali quali la salute, il benessere, il tempo da dedicare alla famiglia o persino i loro valori e le convinzioni personali”.

Il rifiutò del tornare in ufficio, è connesso strettamente al Great resignation, fenomeno che ha visto numerosi lavoratori lasciare spontaneamente il proprio impiego in diversi settori produttivi.

Negli Stati Uniti, da maggio a settembre 2021 si sono dimessi complessivamente 20,2 milioni di lavoratori ed anche in Italia, su scala ridotta, si è verificato lo stesso esodo. A distanza di sei mesi dalla precedente analisi, il fenomeno si è ulteriormente accresciuto.

Nel marzo 2022, 4,53 milioni di lavoratori hanno lasciato il lavoro negli Stati Uniti, battendo il record precedente di 4,51 milioni del novembre 2021.

Un fenomeno globale e irreversibile, scrive a tal proposito Agenda digitale, con buona pace dell’uomo più ricco del mondo, Elon Musk, schieratosi apertamente contro lo smart working, una forma di lavoro non più accettata a Tesla.

Emblematico ciò che accade, scrive l’agenda digitale “nella San Francisco Bay Area dove si assiste a una vera e propria ribellione dei lavoratori contro la richiesta delle aziende di lavorare in presenza in ufficio almeno qualche giorno a settimana, da Google a Netflix, Microsoft, Meta, TikTok e altri tutti stanno avendo difficoltà per trattenere i talenti. I dipendenti di Apple hanno addirittura scritto ‘smettetela di trattarci come studentelli che hanno bisogno di essere istruiti su dove e quando essere in ufficio e quali compiti fare a casa’”.

E ancora secondo uno studio del think tank Economic Innovation Group, si stima che “circa cinque milioni di dipendenti negli Stati uniti, si siano trasferiti in altre città se non addirittura all’estero, continuando a fare il proprio lavoro e spesso senza neanche decurtazioni dello stipendio. E alla prima occasione si sono dimessi per non tornare in ufficio trovando lavoro remoto più facilmente di tanti altri e in poco tempo. Il 30% circa dei dipendenti si sposta in luoghi distanti da 2 a 4 ore dall’ufficio in modo da poterci andare, ad esempio, una volta al mese senza troppi sforzi

Conclude l’Agenda digitale: “Analizzando meglio cosa è successo in così poco tempo ci rendiamo conto che proprio i big dell’hi-tech hanno abilitato questa rivoluzione poiché hanno messo a disposizione strumenti di telecomunicazione e sistemi informativi che dematerializzano l’ufficio, la scrivania e virtualizzano anche i colleghi, distanti centinaia e migliaia di chilometri ma più connessi di prima. Basti pensare ai sistemi in cloud dai più semplici come Office 365 standard ai servizi di Google fino ai sofisticati sistemi delle multinazionali. L’infrastruttura per la ribellione era pronta da tempo, quella che era latente era la consapevolezza dei vari professionisti di poter esprimere tutto il loro valore in un ambiente a loro più congeniale”.

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