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Salute, Ceccarelli (Coina): «Continua il boom di professionisti “gettonisti”

"Nella sanità pubblica con spese folli da parte delle nostre Regioni: ecco l’emblema di una realtà che viaggia pericolosamente al contrario e che rischia di finire in un vicolo cieco"

La situazione del sistema sanitario pubblico italiano è ormai giunta ad un reale punto di rottura. Il ricorso sempre più massiccio ai medici e infermieri “gettonisti” sta minando le basi di un servizio pubblico che dovrebbe garantire la continuità e la qualità dell’assistenza. È quanto denuncia Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del COINA, alla luce degli allarmanti dati resi noti dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

Ceccarelli esprime preoccupazione riguardo ad un fenomeno che sembra ormai dilagare nelle strutture sanitarie, dove le risorse umane sono sempre più precarie e inadeguatamente valorizzate: «Molti professionisti della salute, costretti da stipendi inadeguati e condizioni di lavoro sempre più difficili, sono ormai costretti a lasciare posti di lavoro stabili, rinunciando a tutele importanti come contratti a tempo indeterminato, per accettare incarichi da “gettonisti” che garantiscono una paga più alta ma senza alcuna sicurezza né copertura sociale».

Il recente rapporto ANAC ha confermato un incremento della spesa legata all’impiego di professionisti “a gettone”, da parte delle nostre Regioni, che ha raggiunto la spropositata cifra di 457 milioni di euro nel 2024. Si tratta di costi ben superiori ai 314 milioni previsti inizialmente. Questi numeri evidenziano un paradosso: le stesse istituzioni sanitarie che hanno visto il personale fuggire a causa di condizioni di lavoro insostenibili, sono costrette spesso a riassumere a cifre più alte quegli stessi professionisti che, per necessità, avevano lasciato il loro ruolo stabile.

«Le recenti restrizioni del Ministero della Salute, che hanno fissato a un massimo di 28 euro l’ora la retribuzione di un infermiere gettonista, non risolvono il divario che, se prima vedeva gli stipendi dei gettonisti superare fino a quattro volte quelli di un infermiere dipendente, oggi continua a offrire uno scenario in cui le retribuzioni dei gettonisti sono comunque almeno il doppio rispetto a quelle di un professionista assunto a tempo indeterminato. Tra disorganizzazione, turni massacranti e un turnover inesistente, non ci sono dubbi su quale scelta molti professionisti siano costretti a fare», afferma Ceccarelli.

  • Scarse possibilità di carriera per il personale strutturato: A rendere ancora meno attrattivo il lavoro nella sanità pubblica non è solo la questione economica, ma anche la totale assenza di prospettive di crescita professionale. Molti infermieri e tecnici sanitari si trovano bloccati in ruoli senza possibilità di avanzamento, con scatti di carriera quasi inesistenti e nessun riconoscimento concreto per l’esperienza acquisita. Questo porta a un ulteriore disincentivo a restare nel sistema pubblico, spingendo sempre più professionisti a valutare la libera professione o il settore privato, dove le opportunità di carriera risultano più chiare e concrete.
  • Carenza di un Piano Formativo efficace: Un altro elemento critico è la gestione della formazione continua. Nella maggior parte delle aziende sanitarie manca un Piano Formativo strutturato e funzionale che permetta ai professionisti di aggiornarsi in modo efficace senza dover sacrificare il proprio tempo libero. Spesso, gli operatori sanitari sono costretti a seguire corsi di aggiornamento al di fuori dell’orario di servizio, aggravando un carico di lavoro già insostenibile. Senza un sistema di formazione adeguato e accessibile, il rischio è che i professionisti non riescano a tenersi al passo con l’evoluzione delle pratiche sanitarie, con ricadute inevitabili sulla qualità dell’assistenza offerta ai pazienti.

Ceccarelli continua senza mezzi termini: «È una situazione insostenibile, in cui si sprecano risorse preziose per tamponare i buchi nei reparti, senza affrontare la causa principale: la necessità di migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni per chi lavora stabilmente nel settore pubblico. E, allo stesso tempo, ci si affida sempre di più a figure non stabilizzate che non possono garantire la continuità delle cure necessarie».

Oltre a questo, emerge un altro problema: la creazione di nuove figure professionali come gli “assistenti infermieri”, che non hanno la formazione adeguata per rispondere ai bisogni complessi dei pazienti. «Se le istituzioni vogliono risparmiare su personale non qualificato, stanno mettendo in pericolo la qualità delle cure e la sicurezza dei cittadini», avverte Ceccarelli.

La continua fuga di professionisti dalla sanità pubblica per cercare alternative più remunerative e meno stressanti ha innescato un circolo vizioso, che non solo danneggia i lavoratori stessi, ma anche i pazienti, che si ritrovano a fronteggiare un’assistenza sempre più incerta e precaria. 

«La salute dei cittadini non può essere messa in gioco in nome di politiche di risparmio a breve termine. È fondamentale che il Governo e le Regioni investano in maniera seria nella valorizzazione del personale sanitario, garantendo stipendi adeguati e condizioni di lavoro dignitose. Soprattutto è indispensabile che Governo e Regioni affrontino di petto il problema e si ritengano ampiamente responsabili di mettere nelle condizioni migliaia di professionisti regolamenti assunti a tempo indeterminato di optare per la libera professione», conclude Ceccarelli.

COINA ribadisce la sua posizione: non è più possibile tollerare la gestione della sanità come se fosse un business, dove a pagarne il prezzo sono i professionisti e i pazienti. È urgente una riforma che tuteli chi lavora nel settore pubblico e che garantisca un’assistenza sanitaria di qualità per tutti i cittadini.

 

Comunicato stampa

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