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Sanità, Cgil: “Serve sistema per garantire sicurezza”

La Flc Cgil della provincia dell’Aquila ha concluso un ciclo di assemblee cittadine che hanno visto complessivamente la partecipazione di circa 500 unità di personale docente ed ATA della scuola

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La Flc Cgil della provincia dell’Aquila ha concluso un ciclo di assemblee cittadine che hanno visto complessivamente la partecipazione di circa 500 unità di personale docente ed ATA della scuola. Le assemblee, L’Aquila, Avezzano, Sulmona/Alto Sangro, sono state svolte con la partecipazione del segretario generale della Cgil della provincia dell’Aquila, Francesco Marrelli.

La presenza del Segretario Generale della Camera del lavoro accanto alla segretaria generale della Flc Cgil Miriam Del Biondo, ha un significato confederale ben preciso.

È quanto si legge in una nota dei due sindacalisti, che aggiungono: “Quanto accade oggi alla scuola della nostra provincia non è un problema che riguarda solo la scuola. La scuola, come abbiamo affermato nelle assemblee, nonostante si sia preparata doviziosamente ad affrontare, a settembre 2020, il ritorno alla didattica in presenza, dimostrando di essere un sistema che regge e che lavora bene, paga forse il prezzo più alto, insieme alla sanità, di un sistema globale che, al contrario, non ha funzionato per mancanza di una regia attenta ed efficiente. E soprattutto per mancanza di una programmazione politica di senso sul territorio”.

“Per quanto possa suonare facile affermare che lo avevamo detto, è proprio così. Lo avevamo detto – proseguono – durante i mesi estivi quando si era recuperata la serenità necessaria per pianificare il sistema integrato (e questa è un’espressione che ci sentirete sempre usare con forza) che doveva permettere alla scuola di riaprire in sicurezza.
Sembra che la sicurezza sia un concetto che non si coniuga con quello di scuola. Lo sanno bene le scuole aquilane, crollate e mai ricostruite; lo sanno bene le scuole di tutta la provincia sempre malamente rattoppate; lo sanno bene gli edifici scolastici obsoleti che non hanno permesso l’applicazione delle norme di sicurezza rispetto alle metrature previste; lo sanno bene le scuole di Sulmona ridotte ad occupare la sede di un vecchio confettificio o il CTP dello stesso capoluogo peligno a cui non si riesce a trovare una sede, e così all’infinito. Situazioni più volte denunciate dalla nostra organizzazione sindacale in tempi non sospetti di Covid-19”.

Inoltre “la riapertura delle scuole a settembre doveva necessariamente passare attraverso il potenziamento della rete dei trasporti che concorresse ad evitare ogni tipo di assembramento sulle vetture, così come alle fermate, all’ingresso e all’uscita dalle scuole stesse. La sicurezza doveva passare per un contingente ben più ampio di organico docente ed ATA e non per la vergognosa vicenda dell’organico covid, contrattato come il prezzo delle patate al mercato per poi scoprire che il ministero aveva sbagliato a fare i conti e chiedere, dunque, in corso d’opera, alle scuole di non perfezionare i contratti. Lieve distrazione, poi risolta, ma che ha avuto come conseguenza per quel personale, che da settembre lavora e rischia il contagio, il non aver ancora avuto alcuna retribuzione”.

La Flc Cgil e la Cgil dell’Aquila, dopo aver ascoltato i lavoratori e le lavoratrici in assemblea, ribadiscono il loro impegno “perché si arrivi finalmente a capire che la scuola è parte di un sistema integrato. Anche a favore del recupero della serenità psico-fisica del personale e dell’utenza, auspichiamo una differenziazione delle situazioni che porti a chiusure immediate, circostanziate e localizzate laddove si evidenzia maggiormente il fallimento del piano di riapertura delle scuole in assenza di una efficiente filiera del contagio. Ma sappiamo che questo non è possibile senza la definizione di un protocollo di intervento tra tutti i soggetti coinvolti, al fine di uniformare procedure e tempi e di agire correttamente su basi scientifiche e non emotive”.

“Capiamo la percezione del personale scolastico che non si sente tutelato dalla chiusura parziale della scuola disposta dal DPCM del 3 novembre, ripresa dall’ordinanza del presidente della Regione che ha decretato la zona rossa. Sappiamo che tale percezione di sicurezza e tutela non può prescindere dall’esecuzione a tappeto di tamponi da ripetere con frequenza regolare per tutto il perdurare dell’emergenza. Siamo convinti/e che sia necessario tornare a parlare di medicina scolastica, le cui funzioni sul territorio ora sarebbero state preziose in termini di prevenzione e di azione sanitaria. Una medicina scolastica venuta meno quando la sanità è passata alle Regioni”.

“Non possiamo fingere di non sapere che la scuola in questo momento è chiamata a pagare anche l’assenza di servizi all’infanzia che non ne permettono la chiusura. E capiamo la difficoltà dei docenti che si sentono diminuiti nel ruolo educativo, formativo e pedagogico che svolgono. Sappiamo che è nostro compito e dovere chiedere che si risolvano questioni comuni dei settori di prossimità – sanità, trasporti e istruzione – che oggi investono la scuola, che ne diventa oggetto non responsabile, e ne minano la sicurezza e la tranquillità”.

“Ora basta – concludono – non vogliamo più dover dire che l’avevamo detto”.

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