«Sono gli esperti del Cergas e di Sda Bocconi a confermare quanto da tempo, il nostro sindacato, con schiettezza e coerenza, racconta alla collettività, attraverso le proprie mirate campagna stampa.
In Italia, la delicata questione della risoluzione della carenza di professionisti della sanità, nell’ottica di una indispensabile ripartenza del nostro SSN e in quello che, non a torto, il Ministro della Salute Schillaci, ha definito come il rilancio delle Cure Primarie, rivolgendo in particolare la propria attenzione ai malati cronici, agli anziani, ai bambini, ai soggetti più fragili, riguarda innanzitutto gli infermieri e non certo i medici.
Finalmente, a differenza di quanto vogliono farci credere taluni sindacati dei medici, a parte determinati settori specifici, sotto il profilo della media generale quello dei medici non è certo un micromondo, se così possiamo definirlo, “in debito di ossigeno” per carenza di personale.
Tutt’altro: il Cergas ed Sda Bocconi confermano e rilanciano i dati OCSE 2022, sostenendo che la media medico-paziente in Italia è decisamente più alta rispetto a molti Paesi europei».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«In Italia lavorano circa 244.000 medici: il 44% è dipendente del Ssn, il 34% è convenzionato con il Ssn (es. Mmg), il 12% è nel privato accreditato dal Ssn. La densità medica italiana (4,1 medici per 1.000 abitanti) è una delle più alte tra i paesi EU, significativamente maggiore di quella di UK e Francia (rispettivamente 3 e 3,3 medici per 1.000 abitanti). Rimaniamo invece drammaticamente lontani dagli altri paesi in termini di rapporto infermieri per medico. Nel Ssn operano 1,42 infermieri per medico vs i 2.7 della Germania, 2,8 del Regno Unito, 3,3 della Francia.
Gli esperti di Cergas ed Sda Bocconi vanno molto oltre questi dati e si chiedono perché, la collettività, ha allora la sensazione, errata, che in Italia, manchino i medici.
“L’Italia è uno dei paesi con il tasso di anzianità più elevato d’Europa (gli over 65 sono il doppio degli under 15, ovvero il 25% della popolazione), quindi prevalgono patologie croniche e fragilità, che richiedono poche e puntuali prestazioni cliniche e lunghe stagioni assistenziali, che necessitano maggiormente di infermieri e operatori socio-sanitari e meno medici. Mancando questi ultimi o non riconoscendone il ruolo, ingaggiamo impropriamente i medici”, sostengono ancora gli esperti.
«In parole povere, continua De Palma, Cergas ed Sda Bocconi confermano quanto il nostro sindacato sostiene da tempo. Ovvero che, per ciò che riguarda le caratteristiche principali delle patologie che affliggono una popolazione che tende sempre più all’invecchiamento (diabete, cardiopatie, affezioni respiratorie), gli infermieri italiani, con la loro legittima autonomia, con le peculiarità delle proprie competenze, sono in grado di gestire quella delicata rete di assistenza ai malati, soprattutto, quando necessario, al di fuori delle realtà ospedaliere, decongestionando le strutture e lavorando naturalmente sempre di concerto con i medici di base, nell’ottica di quell’indispensabile rilancio della sanità di prossimità.
Siamo di fronte alla necessità dell’indispensabile ricostruzione della sanità territoriale, “predicata” fortemente dal nuovo DM 77, laddove, nella prima giornata dei lavori del Tavolo Tecnico voluto da Schillaci, il nostro sindacato ha confermato che solo una equilibrata comunicazione e una ritrovata sinergia tra professionisti della salute, seppur nel pieno rispetto dei differenti ruoli, può giovare all’innalzamento della qualità delle prestazioni offerte ai cittadini, dice ancora De Palma, nell’ambito dei nuovi modelli organizzativi richiesti.
I ricercatori del Cergas e di Sda Bocconi affermano che occorre rilanciare le professioni sanitarie, e questo lo diciamo noi, partendo dai numeri schiaccianti di una carenza strutturale infermieristica che parte da 65-80mila unità per arrivare a picchi di 150mila (dati Agenas) nell’improbo confronto con gli altri Paesi Europei, al fine di rispettare gli standard richiesti.
Secondo il Cergas è necessario “rifondare l’immagine delle professioni sanitarie tra i giovani con una robusta campagna informativa multimediale, spiegando che le professioni sanitarie sono 23, altamente qualificate, con sicurezze occupazionali assolute e ruoli professionali di grande interesse. Modificare profondamente i modelli di servizio e organizzativi e le regole sui mix di personale che deve essere impiegato durante le procedure, limitando l’impiego di medici a quando è davvero necessario superando antichi retaggi burocratici di presenza e firma formale”.
Il nostro sindacato sostiene da tempo questi concetti e costruisce di conseguenza le proprie battaglie sulla necessità di un rilancio delle professioni sanitarie non mediche, che hanno bisogno di ritrovare il meritato appeal agli occhi della collettività, per arginare la fuga di professionisti all’estero e la raffica di dimissioni volontarie.
Non smetteremo mai di ribadirlo: gli italiani hanno bisogno di una sanità “che riconosce e gratifica gli infermieri”, la valorizzazione infermieristica non è solo una legittima aspirazione economico-contrattuale, ma rappresenta un passaggio obbligato per il futuro della sanità italiana, conclude De Palma.