La storia riguardante la concessione della ben nota sorgente canistrara sembra, a tratti, una commedia infinita, divisa in più atti e popolata da più personaggi e da più verità avanzate. Finalmente, però, si intravede la data della svolta. «Martedì prossimo, infatti, 21 marzo, la sorgente Sant’Antonio Sponga di Canistro, i 75 dipendenti dello Stabilimento, i sindacati e tutta la cittadinanza di Canistro avranno la tanto attesa risposta: saranno, di fatti, resi finalmente ufficiali, i risultati della graduatoria relativa alle quattro aziende che hanno presentato un’offerta economica, unita ad un preciso piano di sviluppo industriale, per l’utilizzo della concessione della sorgente e del relativo stabilimento di imbottigliamento». Lo ha riferito, ieri, il vice presidente della Giunta regionale, Giovanni Lolli, presente a Canistro, per fare il punto della situazione. Fragoroso l’applauso seguito alle sue parole, che hanno suscitato l’entusiasmo dei molti lavoratori presenti che, da tempo, attendono il rilancio di un’azienda che è stata, per molti anni, fondamentale fonte di sostentamento per le loro famiglie.
La storia della sorgente, in concessione all’imprenditore molisano Camillo Colella, ha iniziato ad incontrare le prime grane con la giustizia nel novembre del 2015, quando sono risultate presunte irregolarità nel Durc, documento unico di regolarità contributiva, e illegittimità nel bando regionale stesso, privo della Valutazione di Impatto ambientale. In seguito alla concessione all’azienda Italiana Beverage, infatti, di proprietà di Colella, la Regione ha individuato l’irregolarità del bando, contestando la concessione stessa assegnata. Immediati, di conseguenza, i sigilli allo stabilimento, con l’inevitabile divieto di captare l’acqua. Divieto, tuttavia, non rispettato, secondo le verifiche e i sopralluoghi effettuati dagli addetti, da qui la denuncia, da parte della Regione Abruzzo, alla società concessionaria e la nascita di un vero e proprio contenzioso che sembra, o forse sembrava, non conoscere fine.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, fino a quando, ad ottobre scorso, c’è stato il primo passo decisivo verso la risoluzione di un’intricata vicenda legislativa e non solo, con la pubblicazione, sul Bollettino Speciale della Regione, del nuovo bando per la concessione delle acque minerali ‘Sant’Antonio-Sponga’ di Canistro. Quattro, a quel punto, le proposte pervenute alla Regione, entro la data fissata per la scadenza di presentazione delle domande di concessione. Una avanzata, nuovamente, dalla società di Colella. Le altre, invece, provenienti dall’azienda Acqua Srl dell’imprenditore marsicano Mastrocesare, dall’azienda Norda Spa di Milano e, infine, dalla Bruni Industry di Sora, che avrebbe alle spalle il sostegno di un gruppo arabo. Si saprà, quindi, solo questo martedì chi la spunterà tra le varie società in lizza.
Ieri, comunque, durante la conferenza stampa indetta dal Comune di Canistro per comunicare le ultime novità in merito all’assegnazione della concessione, che sarà trentennale e non rinnovabile per la medesima ditta, hanno preso la parola, oltre all’assessore Giovanni Lolli, il sindaco del paese Di Paolo, gli avvocati del Comune, Braghini e Lancia ed alcuni rappresentanti dei sindacati. Lolli ha parlato di «vittoria della legge sulla prepotenza. Ora non resta – ha detto – che attendere l’ufficialità della graduatoria relativa alle società in gara per la concessione. La speranza è che la Santa Croce verrà gestita da chi nutrirà, nell’interesse comune, l’obiettivo di far crescere un’azienda nel più immediato futuro, investendo risorse ed energie proprio a tal scopo».
Cauto nelle parole, invece, è stato il sindaco di Canistro, Angelo Di Paolo. «Non si conosce ancora il nome dell’azienda che assumerà su di sé la concessione. Noi dell’Amministrazione, comunque, da parte nostra, ci siamo fortemente impegnati per tutelare uno stabilimento ed una realtà che rappresentano, ad oggi, una risorsa a dir poco preziosa per il nostro territorio e per la sua gente». Veemente, infine, l’intervento dell’avvocato del Comune Salvatore Braghini, che ha affermato: «La Santa Croce deve tornare ad essere quello che era un tempo. Una grande famiglia di lavoratori, cioè. Dovranno essere impiegati nell’azienda, almeno 120 operai e non ‘un minimo di 25 ed un massimo di 35 nelle stagioni estive’ come qualcuno voleva. C’è un bando che parla chiaramente, includendo nel piano d’offerta da presentare anche la clausola sociale, rivolta alla tutela dell’occupazione. È risaputo, ormai, infatti, che l’unica azienda che non ha aderito alla clausola, tra quelle che hanno presentato un’offerta per la concessione, è proprio quella di Colella». Non resta, allora, che aspettare. Martedì, ci sarà una risposta, quindi. Anzi un nome: quello, che forse, cioè, sarà in grado di regalare un nuovo futuro, meno torbido e più cristallino, a una della acque migliori d’Italia.