Tutto fermo, fino ad un nuovo giorno e fino ad un nuovo inizio. La vicenda della Santa Croce di Canistro, veterana e storica azienda che ha fatto della risorsa della sorgente locale, un fiore all’occhiello del territorio abruzzese e nazionale, prosegue, nonostante pendano come spade di Damocle sulla sua testa, le date del 7 e dell’8 febbraio prossime, quando ci avverrà, cioè, la pronuncia del Tar Abruzzo. Tutti sono fiduciosi, però. Eppure, in questo cammino indirizzato in avanti, che punta all’aggiudicazione della concessione fra quattro società in lizza, qualcosa resta fermo. Fermi sono, infatti, i salari dei dipendenti della Santa Croce. 75 famiglie con una busta paga trasparente.
«La situazione sta diventando pesante», commentano i lavoratori alla nostra Redazione. Ieri, sarebbe dovuto avvenire un incontro fondamentale fra il Prefetto dell’Aquila, i sindacati e i lavoratori proprio sulla questione spinosa che ancora annaspa, ossia i mancati soldi a fine mese. Ciò, a fronte del fatto che i sindacati stessi hanno inviato, nella giornata del 13 gennaio scorso, una lettera al Prefetto. Le organizzazioni sindacali Cisl-Fai, Flai-Cgil e Uila-Uil hanno scritto al dottor Linardi e al vicepresidente della Giunta regionale Giovanni Lolli, chiedendo loro un incontro urgente per poter affrontare la situazione e trovare delle soluzioni immediate.
L’incontro è stato rimandato a data da definirsi a causa, ovviamente, della questione maltempo imperante e del lutto regionale che l’Abruzzo sta vivendo sulla propria pelle in questo momento, ancorché dura e determinata. I dipendenti sono senza stipendio dal mese di settembre. «L’azienda – dicono i dipendenti – aveva fatto domanda per la cassa integrazione, ma avendo effettuato, il patron della Santa Croce, un licenziamento collettivo, la domanda stessa è stata rifiutata dall’Inps in quanto incompatibile con il conseguente trattamento della mobilità. Questo perché Colella ha richiesto sia il trattamento di mobilità, sia il trattamento della cassa integrazione ordinaria, palesemente incompatibili».
La mobilità, inoltre, è sfociata in Naspi, ossia in una prestazione economica sostitutiva dell’indennità di disoccupazione denominata Assicurazione Sociale per l’Impiego, perché dal 1 gennaio è cambiata anche la normativa vigente. Ossia, la mobilità aveva una valenza cronometrata fino al 31 dicembre 2016. La cassa integrazione, comunque, è, a tutt’oggi, respinta.
«Dal giorno del rifiuto, la Società avrebbe avuto 90 giorni di tempo disponibili – continuano i lavoratori – per opporre un ricorso, il quale ancora non è stato fatto. Quindi si rimane in attesa, aspettando non si sa che. Ad oggi, l’Inps non paga e l’azienda non paga: questi sono i fatti. Siamo fermi, questa è la verità. La buona riuscita del bando è, per noi, l’unica speranza di vivere un giorno diverso».
Foto di: PrimaDaNoi.it