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Santa Croce, la Corte d’Appello rigetta ricorso

La Santa Croce aveva fatto ricorso, a seguito della sentenza emessa dal giudice del lavoro del Tribunale di Avezzano, in data 8 luglio 2020. La Corte d'Appello dell'Aquila dà ragione ai 13 lavoratori dello Stabilimento di Canistro. La sentenza è di ieri.

Nella giornata di ieri, la Corte di Appello di L’Aquila, Sezione Lavoro e Previdenza, si è pronunciata definitivamente sull’appello proposto dalla Santa Croce, società di Camillo Colella, contro la sentenza emessa dal giudice del lavoro del Tribunale di Avezzano, l’8 luglio 2020, sulle famose spettanze dovute – e non ancora pagate – ai 13 lavoratori dello Stabilimento di Canistro.

I giudici della Corte d’Appello, quindi, hanno respinto l’appello e hanno confermato la sentenza di primo grado. Inoltre, hanno condannato la Santa Croce al risarcimento delle spese processuali della causa di secondo grado, ammontanti a 9.500,00 di euro. La società di Colella – vincitrice tra l’altro dell’ultima gara di aggiudicazione dello sfruttamento della sorgente minerale Sant’Antonio Sponga di Canistro, ma al centro di un altro ricorso in essere, quello proposto dalla società San Benedetto – altra e unica società il lizza per il bando regionale – aveva, di fatti, impugnato, tramite i suoi legali, la sentenza di primo grado, la quale aveva respinto i ricorsi in opposizione proposti dalla Società contro i decreti ingiuntivi per il pagamento delle spettanze di 13 ex lavoratori.

Gli ex lavoratori erano tutti dipendenti della società fino al febbraio del 2017, anno in cui i loro rapporti di lavoro cessarono per via di un licenziamento collettivo. Allora, avevano ordinato alla datrice di lavoro il pagamento di differenze retributive a vario titolo, tra cui anche ferie non godute, ex festività non godute, r.o.l. non goduti, permessi, t.f.r. maturato, bonus IRPEF. La società aveva però censurato la sentenza, asserendo, tramite i suoi legali, che la Sante Croce stessa in realtà si trovata, all’epoca dei fatti, in una condizione sia di oggettiva impossibilità di ricevere le prestazioni lavorative da parte dei dipendenti, sia di un danno risarcibile prodotto dagli stessi lavoratori, in particolare con l’attività di
presidio e di sciopero all’esterno della struttura.

Secondo la Corte d’Appello il giudice del lavoro “ha correttamente valorizzato le circostanze di fatto rilevanti, evincibili dalla prospettazione della stessa datrice di lavoro nonché dalla documentazione agli atti”, così si legge nel dispositivo di sentenza. In particolare, la concessione per l’uso delle acque minerali della sorgente di Canistro era scaduta ad ottobre 2015, ma la società datrice di lavoro continuava ad emungere acqua pur non avendone titolo. La stessa società, poi, sempre secondo i giudici, ha partecipato alla successiva gara pubblica per la nuova assegnazione della concessione, venendo designata
come aggiudicatario provvisorio. Questa aggiudicazione, però, è stata revocata “per irregolarità contributiva relativa al Durc: circostanza,
questa, che ha configurato, come precisato dalla stessa Regione, una ipotesi di esclusione dalle procedure di affidamento ad evidenza pubblica”.

A giugno, infine, si discuterà anche l’appello relativo agli altri 20 lavoratori che hanno presentato ugualmente il decreto ingiuntivo per le spettanze non pagate.

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