COMUNICATO STAMPA
Continua ormai, la penosa e insanabile criticità del sistema penitenziario abruzzese, retto
esclusivamente dalle donne e uomini della Polizia penitenziaria con altissimi e non più
sostenibili sacrifici, quali turni di servizio della durata di 8-12 ore consecutive con picchi
addirittura di oltre 16 ore, ferie non godute, lavoro straordinario non retribuito, pasti non fruiti
durante determinati servizi, assenza di un’efficiente programmazione dei turni di servizio da
consentire una pianificazione degli impegni familiari e personali, ma soprattutto l’assenza di
una serenità professionale a causa delle molteplici aggressioni, spesso non punite… In
sostanza, non Agenti, ma SCHIAVI.
I vertici nazionali, vale a dire il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, totalmente
assenti, vivono un altro mondo improntato quasi esclusivamente sulla burocrazia con
l’aggravante di notevoli ritardi su una serie di attività amministrative di cui il Personale ne ha il
diritto. L’ultima, in ordine di totale confusione, questa la dice lunga, il Capo DAP propone
l’innalzamento di due anni dei limiti di età di pensionamento dei poliziotti su base volontaria
per recuperare il gap assunzionale…..andremo in servizio accompagnati dalla Croce rossa…..
Il Provveditore regionale (Lazio-Abruzzo-Molise), EMBLEMA di questo disastro, non solo
non pervenuto, ma quando ha agito, per altro solo tramite mera corrispondenza, ha peggiorato
la situazione. Sicuramente il principale responsabile, in una attività privata sarebbe stato
già licenziato, visti gli scarsi risultati della sua attività. Recentemente, la sua assenza anche in
occasione di una importante riunione sugli organici da ripartire nelle regioni di competenza con
l’aggravante di aver ridotto addirittura la sua proposta da 107 unità per l’Abruzzo a 101 delle
321 assegnate dal Dipartimento alle tre regioni. Avrebbe dovuto convocare dopo un mese dalla
firma del nuovo accordo quadro (AQN ottobre 2023) le OO.SS per discutere il nuovo
protocollo d’intesa (P.I.R.), ovvero lo strumento normativo per agevolare gli Istituti
nell’organizzazione del lavoro invece, anziché preoccuparsi della riorganizzazione delle carceri
abruzzesi, ignora anche gli impegni solenni assunti nella riunione del 22 febbraio a Pescara ad
esaminare ogni singolo Istituto, finché convoca le rappresentanze sindacali per discutere della
riorganizzazione del Provveditorato…. A tal proposito, il SAPPE, che ho l’onore di
rappresentare, non sarà presente fino a quando il Provveditore non rispetterà i tanti, troppi
impegni assunti e mai onorati.
Ad eccezione di un timido interessamento di qualche ente istituzionale e di politici, che si sono
visti solo in occasione del periodo pre-elettorale, per il resto buio pesto…. Davanti alle
telecamere tutti bravi a mettere in luce le falle del sistema, visite di circostanza negli Istituti,
convegni, tavole rotonde, appelli al rispetto della dignità dell’uomo, il melenso richiamo all’
art. 27 della Costituzione (Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato), tutta ipocrisia, giacché non hanno
la minima cognizione della realtà. Ad ogni buon fine, risultato zero, tranne qualche
provvedimento tampone, vedasi l’ultimo del Governo che invia in Albania personale di Polizia
penitenziaria in un carcere albanese per 20 reclusi. Desumo e spero che si tratti di un inizio di
collaborazione per poi lasciare la completa gestione alle autorità del luogo, ma francamente non
ne sono convinto.
Occorrono riforme incisive e strutturali. E’ evidente che il carcere non suscita attenzione, al
contrario ingenera fastidio. Per fortuna, provvedono le donne e gli uomini della Polizia
penitenziaria, AUTENTICI E SILENTI ANGELI CUSTODI, pieni di umanità e
valorosi professionisti di un servizio particolarmente complesso e delicato.
Gli Istituti penitenziari abruzzesi ( Avezzano, Chieti, Pescara, Lanciano, L’aquila, Sulmona,
Teramo e Vasto) sono navi alla deriva e, in alcuni casi, l’assenza di Direttori o Comandanti ha
fatto implodere l’organizzazione, con il rischio della sicurezza non solo interna.
S’impone un’azione efficace e profonda di enorme dimensioni affinché il
“pianeta carcere” possa orbitare in ossequio al dettato costituzionale,
disponendo soprattutto di un numero adeguato di Poliziotti penitenziari, di
operatori e professionisti del settore, in strutture moderne ed efficienti, in
grado di ridurre il sovraffollamento dei detenuti, in particolare di coloro
che, affetti da varie e gravi patologie, non siano costretti ad espiare la pena
detentiva da reclusi, ma siano ricoverati in sedi preposte, non certamente
le Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza istituite al
posto degli ospedali pschiatrici), un altro grande fallimento.