“E’ dall’Abruzzo, dalla mia L’Aquila, che ho ereditato la forza per affrontare ogni sfida. Una terra autentica, che ti insegna a resistere e a creare”. Tra le 19 ‘Storie di italiane eccellenti’ che hanno ottenuto un riconoscimento in Senato, lo scorso marzo a Palazzo Giustiniani, c’è anche quella di Valeria Ricotti, 45 anni.
Ricercatrice, con formazione nella neurologia e nella psichiatria infantile, imprenditrice e scrittrice, Ricotti è originaria del capoluogo abruzzese, dove ha frequentato il liceo classico prima di iscriversi al Royal College of Surgeons di Dublino, con specializzazione in pediatria, per poi trasferirsi a Londra.
Ceo e fondatrice di Vesalic e Parterra, due startup biotech che sviluppano soluzioni avanzate per malattie rare, neurodegenerative e patologie cutanee, il cuore della sua ricerca è ‘Avatar’, una tecnologia che crea un gemello digitale del paziente utilizzando sensori e intelligenza artificiale, per monitorare in tempo reale l’evoluzione delle malattie. In passato ha co-fondato Dinaqor, una biotech specializzata in terapie geniche per le cardiomiopatie.
I suoi brevetti sono già applicati in ambito clinico, in collaborazione con il sistema sanitario britannico e realtà accademiche di alto profilo come Imperial College e University College London, dove Ricotti svolge attività di ricerca. Le sue innovazioni sono comparse su riviste come Nature Medicine e utilizzate in studi su distrofia muscolare, Parkinson e atassie genetiche. “Unire scienza e impatto sociale è l’unica strada possibile. La tecnologia deve servire alla cura, non al profitto”, afferma Ricotti. Il suo approccio creativo e umanistico l’ha portata anche all’editoria: ha fondato Shironeko, casa editrice indipendente con sede a Londra.
Ad aprile ha pubblicato il suo primo romanzo, ‘Il Ponte Vermiglio’, un viaggio simbolico che intreccia scienza, spiritualità e memoria. Il libro, presentato al Salone di Torino, è accompagnato da una canzone originale, ‘Dragon’s Eyes’ di Naomi Banks, realizzata in coproduzione con il jazzista britannico Guy Barker. “La scrittura è la mia zona franca. Ma tutto parte da lì, da casa. Dal senso profondo che L’Aquila e l’Abruzzo sanno darti: sopravvivere, ma anche ricostruire. In ogni senso”.