“A 14 anni dal terremoto la maggior parte delle scuole si trovano in strutture provvisorie, e i disagi da affrontare, soprattutto nei mesi invernali, sono continui: riscaldamenti non accesi per tempo, pessima coordinazione dei servizi scolastici come mensa, trasporto e pre-scuola, piazzali ghiacciati dentro e fuori le aree di pertinenza con incidenti. Siamo stanchi di vivere in una città che vede risplendere antichi palazzi e aprire nuovi locali nel centro storico ma che non ha asili nidi e scuole adeguati e subisce una non curanza in particolar modo nell’immediata periferia e nelle frazioni, luoghi in cui gli edifici scolastici sono concentrati. Vogliamo mostrare all’amministrazione comunale che i genitori della città hanno una voce”.
Con queste parole, un gruppo spontaneo di genitori di Sassa ha deciso di organizzare un sit-in di protesta nell’area sottostante palazzo Fibbioni per sabato 11 febbraio, alle ore 11.
L’invito è esteso a tutta la cittadinanza.
“Questa iniziativa, per noi genitori di Sassa”, si legge in una nota, “sarà anche l’occasione per rilanciare la richiesta (già avanzata, ma che verrà ridiscussa) del necessario ampliamento delle strutture delle nostre scuole a partire del prossimo anno scolastico. Nella nostra zona la popolazione è in crescita, e i Musp che abbiamo non sono più sufficienti: vogliamo una nuova scuola e, nel frattempo, delle strutture adeguate alle esigenze delle nostre figlie e figli”.
“Ma l’invito è esteso a tutte le mamme e a tutti i papà che non vogliono più vedere le proprie figlie e i propri figli frequentare edifici non idonei all’attività scolastica quotidiana, spesso in strutture pensate per l’emergenza che oggi sono segnate dall’usura, prive di spazi mensa, biblioteche, aule adeguate al numero di iscritti. L’invito è esteso a coloro che non si rassegnano all’idea che non sia stato ancora definito un piano di ricostruzione dell’edilizia scolastica, fondamentale per orientare le scelte di vita di una famiglia. L’invito è esteso a tutte le cittadine e i cittadini convinti che una ricostruzione non può dirsi tale se lascia indietro le scuole”.