“Era fondamentale introdurre una nuova normativa, nel segno della semplificazione e un cambio di paradigma per sbloccare una ricostruzione da quattro anni al palo, come confermano i numeri del nostro rapporto annuale: ora però è fondamentale, e ben venga l’impegno di Legnini, di rispondere alle istanze poste con forza da Fillea e Legambiente sul fronte della legalità, sicurezza e sostenibilità, con protocolli da sottoscrivere con i dieci Prefetti, e implementazione di due piattaforme per tracciare la manodopera impiegata nei cantieri edili della ricostruzione e per fare altrettanto per le macerie che vanno assolutamente riciclate generando così un’altra attività economica”.
Ad affermarlo è Silvio Amicucci, segretario generale Fillea Cgil Abruzzo Molise, che ha moderato questa mattina il convegno di presentazione, in modalità streaming, del terzo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale Sisma di Fillea e Legambiente (www.osservatoriosisma.it).
A partecipare Giovanni Legnini, commissario del Governo Sisma 2016, Carmine Valente, direttore Struttura missione antimafia Sisma 2016, Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil, Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, Gianguido D’Alberto, sindaco di Teramo e presidente Anci Abruzzo, Graziano Gorla, segretario nazionale Fillea Cgil, Leopoldo Freyrie, componente del Comitato scientifico di Legambiente e Maria Maranò, della segreteria nazionale di Legambiente.
Nella fotografia scattata dal Rapporto risulta che sul fronte della ricostruzione privata al 30 giugno 2020 su quasi 80mila potenziali richieste, poco meno di 14mila sono le domande presentate, oltre la metà ancora in lavorazione e solo il 17% sono le effettive richieste di contributo.
Per quanto riguarda i contributi concessi ed erogati, al 31 agosto 2020 il totale è di quasi 205 milioni di euro per la ricostruzione pubblica, mentre per la ricostruzione privata oltre 606 milioni di euro totali.
Sul fronte macerie pubbliche, sono state rimosse 2,4 milioni di tonnellate pari all’88% delle circa 2,7 milioni di tonnellate stimate inizialmente.
Nonostante sia confermato che il 97-98% delle macerie è costituito da inerti riciclabili e utilizzabili, poco più di 200mila tonnellate di inerti lavorati e resi disponibili per il riutilizzo.
Per quanto riguarda il lavoro: al 31 dicembre 2019 sono poco meno di 5.500 i lavoratori edili, per il 34% stranieri, dipendenti delle 822 imprese registrate e presenti nei cantieri della ricostruzione (in media poco più di 6 dipendenti per impresa). Anomala è, si sottolinea nel rapporto, la percentuale di operai super specializzati “di poco inferiore alla media nazionale mentre, per il tipo di complessità delle opere, sarebbe dovuta essere superiore”.
“Anomala” è anche la massa salariale, in totale 22 milioni, per una media inferiore a quella nazionale. Per quanto riguarda poi il lavoro autonomo, impossibile indicare un numero di lavoratori perché non è obbligatoria la registrazione in cassa edile.
Resta alto si legge ancora nel rapporto “il rischio che nei cantieri della ricostruzione siano presenti fenomeni di irregolarità diffusa: lavoro grigio e nero, contratti diversi da quelli dell’edilizia, falsi lavoratori a partita Iva, distacchi irregolari di lavoratori ovvero intermediazione illecita di manodopera”.
Per quanto riguarda la sicurezza su quasi 1.800 visite dei Comitati paritetici territoriali (Cpt), la percentuale di cantieri con inadempienze gravissime è superiore a quella nazionale. In particolare, allarma il dato delle inadempienze gravi in materia di protezione dell’area di lavoro (ad esempio ponteggi inadeguati, mancanza di protezioni sulle lavorazioni in copertura, cavi scoperti, ecc.).
Davanti a questo scenario Legnini ha ricordato che da quando a febbraio si è insediato, la struttura commissariale “ha agito in profondità cambiando radicalmente il volto degli strumenti normativi della ricostruzione che fino ad ora hanno portato agli esiti che il rapporto ha fotografato, sconfortanti sotto molti punti di vista. Ma se la semplificazione normativa comportasse un’attenuazione dei presidi di legalità io non l’avrei mai consentita, tra le regole semplici e i presidi di legalità può e deve esserci in equilibrio”.
Dopo aver illustrato gli strumenti che già consentono di contrastare illegalità nel processo di ricostruzione, il commissario ha dunque detto che “allo studio è uno schema di protocollo di legalità da stipulare in ciascuna delle dieci prefetture interessate, attivando i tavoli in ciascun territorio. Lavoreremo poi ad una piattaforma ben strutturata dove dovranno confluire i dati provenienti dai cantieri, in termini di presenze giornaliere e delle attività”.
Per quanto riguarda le macerie, “è importante, e ci stiamo lavorando, favorire e consolidare una filiera del riciclo e la nostra intenzione è quella di adottare anche nel cratere 2016 il sistema di tracciamento e controllo dei flussi che è stato efficacemente adottato a L’Aquila. Stiamo già dialogando per acquisire la relativa piattaforma”.
Buone notizie per il segretario nazionale Fillea Genovesi.
“Dal rapporto emerge che nei cantieri della ricostruzione il lavoro è meno qualificato e pagato, e poco sicuro. A ciò va aggiunto la questione del pericolo sempre più minaccioso delle infiltrazioni mafiose e le difficoltà legate all’esplosione della pandemia che ha avuto un forte impatto sulla ricostruzione delle aree terremotate. Il commissario si è assunto il rischio di accelerare nella fase mediana attraverso una semplificazione normativa, e si rende allora fondamentale che i controlli siano ancora più rigorosi”.
“Fondamentale è anche il controllo sociale esercitato dalla società civile, delle associazioni imprenditoriali degli ordini professionali, sindacato, una forma di autocontrollo che ha una finzione fortemente preventiva, che dovrebbe sconsigliare che ha atteggiamenti diciamo non proprio legale ad avventurarsi in territori fortemente presidiato”, ha aggiunto Genovesi.
“A quattro anni – dal sisma – ha detto nel suo intervento il presidente di Legambiente Ciafani – i numeri del bilancio della ricostruzione sono più che sconfortanti, con ricadute pesanti sullo stato d’animo e sul futuro delle comunità colpite. Speriamo tutti che sia arrivato il punto di svolta, ma deve essere centrale anche la qualità della ricostruzione, le nuove abitazione oltre che sicure sismicamente, aspetto non scontato, devono essere in classe energetica elevata, sarebbe paradossale non farlo, per di più in paesi dell’Appennino dove il clima invernale è molto rigido. Fondamentale infine il riciclo delle macerie: ci sono impianti non futuribili, ma in attività, che da anni sono in grado di prendere rifiuti da costruzione, trasformarli in aggregati perfettamente paragonabili a materiali vergini estratti dalle cave che hanno deturpato molte aree del paese”.
Carmine Valente ha illustrato nel dettaglio le varie normative e procedure a presidio della legalità, a cominciare dalla white list delle imprese impegnate nella ricostruzione, “uno strumento efficace e speditivo: laddove in base agli accertamenti successivi all’iscrizione, dovesse verificarsi una criticità, viene emessa una interdittiva. È accaduto in ben 100 casi, e la società perde il lavoro e ha poi altre conseguenze molto pesanti in tutto il territorio nazionale. Una piattaforma della legalità consentirebbe ora un monitoraggio più efficace anche senza ispezioni nei cantieri”.
“Occorreva aprire un cantiere normativo, come ha fatto il commissario Legnini, perché le norme iniziali erano inadeguate, – ha affermato a sua volta il sindaco D’Alberto – anche per l’eterogeneità del cratere, non ci hanno ascoltato, non si è compresa la gravità della situazione, per quattro anni sono stati costretti ad affrontare la ricostruzione con misure ordinarie, da qui il drammatico blocco. Ora va ricostruita una fiducia che si è persa, del cittadino verso le istituzioni ma anche di una istituzione rispetto ad un’altra”.
“Giusto semplificare i processi – ha aggiunto Gorla – lì dove è possibile. Ma occorre stare molto attenti. Sburocratizzare non deve in nessun caso allentare i controlli di legalità, in termini di normativa del lavoro e ambientale, non può essere in nessun caso allentato il controllo delle infiltrazioni mafiose. Non dimentichiamoci che i soldi sono dei cittadini, vanno spesi bene, a vantaggio per tutti”.
“Le Regioni stanno aggiornando le stime sullo smaltimento delle macerie e si presume che la completa rimozione andrà ben oltre il 2020. Finora non si sono registrate irregolarità particolari, nel processo di rimozione delle macerie, quello che invece manca è il recupero della materia prima per creare innovativa filiera ispirata alla economia circolare che potrebbe diventare una risorsa per i territori ricostruiti”, ha concluso Maria Maranò.
“La formula del ‘dov’era’ – ha concluso Freyrie .- nel processo di ricostruzione ci può anche stare, nei limiti del possibile, ma il ‘com’era’ non ha senso: occorre mantenere la memoria di quei luoghi come erano prima ma interpretandoli e migliorandoli in base alla nuova epoca. Quello che importa è tenere la barra dritta sulla qualità, che per certi aspetti non può essere imposta per legge, occorre creare un contesto favorevole”.