“Da sedici anni, condividiamo il tempo del sisma soprattutto con chi non era ancora nato, affinché l’insieme dei ricordi si trasformi in memoria condivisa”. Lo ha detto il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, durante la Messa in suffragio delle 309 vittime del terremoto del 6 aprile 2009, presieduta dall’arcivescovo Antonio D’Angelo, nel giorno del 16/o anniversario. Le sue parole sono state riportate dall’Ansa Abruzzo.
Il primo cittadino ha ripercorso le tappe della storia urbanistica dell’Aquila, dalla ricostruzione dopo il sisma del 1703 alla città barocca, fino al progetto della “Grande Aquila” e all’espansione contemporanea.
“Quello che sta vivendo L’Aquila – ha sottolineato – è un processo di modernizzazione e razionalizzazione urbana che si va realizzando in una situazione di complessità che presenta infinite variabili. In questo senso comprendo il disagio che spesso manifestano i cittadini per i cantieri che, in un centro storico importante come quello dell’Aquila, si rivelano come un fattore di straniamento e di intralcio. Ma la rinascita della città è più forte di qualunque cosa: delle difficoltà burocratiche, degli ostacoli materiali, della necessità di continui e ulteriori finanziamenti per le opere di pubblico interesse, delle vischiosità delle procedure attuative e realizzative”. Oltre agli aspetti materiali, Biondi ha parlato anche dell’anima della città, “segnata dal sigillo etico di Celestino V che, attraverso la Bolla, ha reso L’Aquila luogo di misericordia, compassione e perdono. Valori universali che oggi, per volere di papa Francesco, ne fanno la capitale della pace”.
Un riferimento anche alla recente nomina a Capitale italiana della cultura 2026: “Una scelta che premia l’identità culturale della città, sostenuta da arti, conoscenza e ricerca”.
Infine, un messaggio alle nuove generazioni: “L’Aquila è una città che va capita e interpretata in un dialogo franco tra chi c’era prima del sisma e chi è venuto dopo. È tempo di guardare al futuro e di riscattare i 309 sogni dei nostri angeli per sempre. Le rose bianche lasciate al Parco della memoria – ha concluso – sono la rappresentazione bella e pura di quei sogni”.