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Snals: “Docenti non devono andare a scuola per la dad”

Frascari: "Gli istituti adottino le modalità che ritengono più funzionali al servizio"

Lo Snals lo dice chiaramente: i docenti non devono andare a scuola per le lezioni in dad (didattica a distanza). E’ uno dei punti più spinosi che il governo centrale e quello regionale hanno generato in questi giorni.

L’ultimo Dpcm del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, poi l’ordinanza del governatore d’Abruzzo, Marco Marsilio che testualmente ha imposto la: “sospensione delle attività scolastiche secondarie di secondo grado in presenza, rimettendo in capo alle Autorità Scolastiche la rimodulazione delle stesse, con ricorso alla didattica digitale a distanza”, hanno disorientato, non poco, un mondo, come quello scolastico che, da tempo, sotto il profilo politico e normativo, è privo di certezze. Un’altra tegola, insomma, sulla testa di chi è in prima linea sul fronte formativo e che rischia di aggiungere disagio ad una situazione di per sé già sull’orlo del collasso.

Per capirci, dopo aver chiesto agli istituti scolastici il miracolo di organizzare, con poche risorse e con indicazioni puramente teoriche, se non, addirittura, contradditorie, l’avvio del nuovo anno scolastico, all’improvviso, dopo appena un mese, è giunto loro il diktat, hic et nunc, di buttare via tutto e di votarsi, da un giorno all’altro, alla didattica a distanza senza avere nemmeno il tempo di prepararsi ad un cambiamento così radicale. Cosa più grave, va detto, è che al momento ci sono interpretazioni più fantasiose e svariate sulla modalità con cui predisporre l’intervento con il supporto digitale. E sulla vicenda il segretario regionale Snals, Carlo Frascari, però, è perentorio.

“Alcuni dirigenti scolastici”, sbotta il massimo dirigente regionale del sindacato autonomo della scuola, “affermano che la prestazione delle lezioni in DAD debba avvenire, da parte docenti, stando a scuola. Tale affermazione non trova al momento nessun supporto normativo. Anche il Contratto Integrativo sulla DAD, che non si sa ancora se sarà firmato, non contempla una tale modalità. E’ mio parere” chiarisce Frascari,” che gli istituti, sulla base di un confronto con le RSU, adottino le modalità che ritengono più funzionali al servizio.

Teniamo conto, per esempio, che gli studenti con disabilità, con disturbi specifici dell’apprendimento e altri bisogni educativi speciali potranno frequentare le lezioni, e potrebbero esserci altre necessità. Il docente potrebbe, inoltre, chiedere di svolgere la DAD da scuola per sua comodità ma, non gli potrà essere imposta, se non con specifiche motivazioni. Se tutti i docenti dovessero essere presenti, senza una adeguata motivazione, si andrebbe a ledere lo stesso DPCM 24 ottobre 2020, e il Decreto 19 ottobre 2020 della PA, sullo smart-working. Ci sono, quindi, i motivi per affermare che, in linea di principio, si dovrebbe evitare, se possibile, la presenza.

Altrimenti il dirigente scolastico dovrebbe spiegare perché mette in lavoro agile il 50% del personale amministrativo e, invece, pretende la presenza a scuola dei docenti. Il lavoro agile”, conclude Frascari, “non è applicabile ai docenti in regime ordinamentale ma non in caso di DAD (con le dovute eccezioni).

In tal senso si esprime anche la nota MI 26 10 2020 paragrafo 2 secondo capoverso”.

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