Il recente provvedimento del Governo, che stanzia importanti risorse per i Piccoli Comuni è un forte segnale di attenzione agli Enti Locali inclusi nella Strategia per lo Sviluppo delle Aree Interne, quelli più marginali e meno popolosi. Fondi che potranno essere utilizzati a sostegno delle piccole e medie imprese, riconoscendone, implicitamente, quel valore di presidio territoriale che rappresenta una ricchezza sociale prima che economica. Un provvedimento che va, insomma, nella direzione auspicata, da sempre, dalla Lega della Autonomie Locali.
Eppure le modalità di ripartizione impongono una profonda riflessione.
In primo luogo, appare singolare che tra i criteri di ripartizione di fondi a sostegno di piccole e medie imprese non sia presente alcun parametro economico. La componente demografica, da sola, è poco rappresentativa del tessuto socioeconomico di un territorio. Queste risorse (la cui gestione merita, in generale, un’accuratezza maggiore, dato il periodo di crisi economica) sono fondamentali per la tenuta del sistema socioeconomico delle Aree più fragili del Paese.
In secondo luogo, la classificazione dei Comuni contenuta nell’Accordo di Partenariato 2014-2020 (quello utilizzato per la ripartizione) mostra evidenti segni di squilibrio. Il criterio per cui si considera la marginalità rispetto ad un cosiddetto “Polo” è limitata dal fatto che è la definizione stessa di Polo ad essere poco aderente alla realtà! Stando al citato accordo, infatti, nel nostro Paese ci sono 219 Comuni considerati “Polo” e 104 Poli Intercomunali. 323 punti di accumulazione posti tutti sullo stesso piano; di fatto, si pone allo stesso livello Roma e Sulmona determinando la stessa classificazione di Area Interna “Intermedia” per Pacentro e Fiumicino.
E’ opportuno procedere alla riclassificazione dei “Poli” inserendo parametri che meglio rappresentino la capacità o meno di rispondere ai bisogni dei cittadini. Per le attuali classificazioni, infatti, un “Polo” è un Territorio in cui è presente una Stazione di tipo Silver (una stazione di terzo livello su una scala di quattro), un Ospedale D.E.A. di I Livello ed un’offerta scolastica secondaria superiore completa, cioè almeno un liceo, un istituto tecnico e un istituto professionale. Non entrano minimamente in gioco parametri economici (quali, ad esempio, il tasso di disoccupazione, il reddito medio pro capite, la quantità e qualità degli insediamenti produttivi) oltre ad ulteriori parametri di servizi (accesso ad un porto, ad un aeroporto, accesso a linee ferroviarie ad Alta Velocità, disponibilità della Banda Larga).
Tanto lavoro da fare, insomma, anche in vista delle azioni che scaturiranno dalla declinazione locale del Recovery Fund. Azioni che possono rappresentare, per le Aree Interne, una straordinaria occasione per colmare atavici ritardi, a patto di identificare correttamente le vere fragilità del nostro Paese.
ALI Abruzzo è pronta a farsi parte attiva di questo processo di riclassificazione e ridefinizione di queste fragilità per questo chiede, fin da ora, l’apertura di un tavolo di confronto.