“Dobbiamo partire dalla consapevolezza che deve appartenere al passato il cavare tartufi e accontentarsi di venderli all’ingrosso facendo la ricchezza di altre regioni, quando invece il nostro tartufo, per qualità e varietà, è una eccellenza assoluta che dobbiamo riuscire ad affermare noi nel mondo, con il suo brand, la sua identità. Ed è proprio quello che sta accadendo qui ed ora, e lo testimoniano i buyers presenti, le 32 aziende alcune delle quali per la prima volta hanno inteso mettersi in gioco nel processo di internazionalizzazione”.
Con queste parole il presidente dell’Agenzia regionale delle attività produttive (Arap), Giuseppe Savini, è intervenuto ai lavori del convegno “Internazionalizzazione. Quale futuro?”, che in serata ha concluso il programma della seconda giornata della Fiera internazionale dei tartufi d’Abruzzo, in corso di svolgimento al parco del Castello all’Aquila.
L’evento è promosso dalla Regione Abruzzo attraverso l’Azienda regionale attività produttive (Arap), nel suo ruolo di soggetto attuatore, in collaborazione con il Comune dell’Aquila, le Camere di commercio Gran Sasso d’Italia e Chieti Pescara, Arta Abruzzo e le associazioni di settore. Presenti 60 imprese che espongono in oltre 40 stand, con masterclass, degustazione di piatti a base di tartufo, b2b tra buyers e aziende, show cooking a cura di prestigiosi chef, laboratori del gusto con gli Istituti Agrari e Alberghieri, e la possibilità di prenotarsi presso gli stand delle associazioni tartufai, per simulazione cerca e cavatura del tartufo.
Nel convegno, che ha moderato la export manager Paola Marchetti, è intervenuto a sorpresa anche il presidente della Regione, Marco Marsilio, nonostante l’infortunio al piede che lo costringe in questi giorni a muoversi in carrozzina. “Una fiera dedicata al tartufo d’Abruzzo – ha detto il presidente – rappresenta un passaggio molto importante: parliamo di un prodotto straordinario, ma questo lo sanno gli specialisti, gli addetti ai lavori, gli estimatori, molto meno il grande pubblico, che invece conosce quello piemontese, quello di Alba, e dunque la grande sfida è superare queste barriere, percorrere la stessa strada di altre grandi eccellenze abruzzesi come l’olio e il vino, un tempo venduti all’ingrosso per le produzioni di altre regioni, che avevano il nome. Ora invece è l’Abruzzo ad avere il brand, una riconoscibilità anche internazionale, una quota di export che aumenta di anno in anno”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il vicepresidente della Regione, con delega all’agricoltura, Emanuele Imprudente, che ha fortemente voluto la Fiera Internazionale e che ha definito, “solo una parte, un primo passo di un progetto di più ampio respiro, con l’obiettivo della promozione e internazionalizzazione del nostro tartufo. Siamo di fronte ad un a vera e propria scommessa culturale, intesa come apertura al mondo, a partire da quello che siamo e che possiamo offrire: l’Abruzzo ha tre parchi nazionali, uno regionale, 26 riserve, è un unicum di biodiversità e qualità ambientale, e l’eccellenza del tartufo anche questo racconta. Investire risorse economiche nel sostegno all’internazionalizzazione garantisce un ritorno certo e altissimo, anche per questo siamo impegnati a incrementare e finalizzare la capacità di spesa a valere sui fondi europeo”.
Ad offrire importanti spunti sulla comunicazione ottimale con cui accompagnare l’internazionalizzazione dei prodotti agroalimentari è stato il segretario generale dell’Associazione italiana comunicatori della Pubblica amministrazione, Marco Magheri: “Il territorio va comunicato in tutta la sua complessità, originalità e ricchezza, ma per questo serve formazione, in particolare per quello che riguarda il settore enogastronomico. Prima parola chiave è qualità, che è l’unica carta che possiamo giocarci, ed è ciò di cui hanno fame le persone, come hanno fame di storie, di ascolto e di consapevolezza. Inoltre, non esistono consumatori, ma persone, con cui allearsi, ed ecco un’altra parola chiave, che è quella di fiducia, non solo per le qualità organolettiche e la salubrità di un prodotto, ma nel riconoscersi in un racconto autentico, attraente, di quel prodotto”.
Secondo Magheri, “un’altra parola importante è reputazione, che non è affatto aleatoria, basti pensare alle valutazioni delle società di ranking per gli Stati e le società quotate in Borsa. E come si costruisce la reputazione? Con la continuità nella qualità, non scimmiottando modelli che non sono nostri, quanto invece occorre trovare strade nuove, in termini di brand. Nella consapevolezza che basta un giorno, con l’avvento dei social, e con la comunicazione virale, per perdere la reputazione che con fatica è stata creata in vent’anni”.
Molto apprezzati poi gli interventi dei buyers, che per tutta la giornata hanno incontrato e stretto accordi commerciali, con i referenti di 32 aziende abruzzesi, operanti nella filiera del tartufo, ma non solo.
In collegamento da Toronto in Canada, Massimo Puro, originario di Fossacesia, in provincia di Chieti: “Qui a Toronto ci sono già tutti i migliori vini abruzzesi e la richiesta di italianità è molto forte, tenuto anche conto che c’è a Toronto e dintorni una comunità di abruzzesi emigrati di circa 200mila persone. Il mercato però va gestito, non basta fare un buon prodotto, il segreto è la strategia di marketing. In Canada, per quanto riguarda il tartufo italiano, a comandare è il Molise, che offre un buon rapporto tra qualità e prezzo contenuto, c’è poi come prodotto di eccellenza il celebre tartufo di Alba, infine prodotti aromatizzati provenienti dall’Est Europa. Il tartufo abruzzese, per la qualità che esprime, ha grandi potenzialità, e a mio parere, deve aggredire la fascia media, non quella dei prezzi eccessivamente alti”.
Ad informare invece sugli scenari in Qatar è stato il buyer Athos Batarra: “Vivo a Doha da 16 anni, il Qatar è ora un Paese grande come l’Abruzzo che ha oggi il reddito medio più alto al mondo, che attrae imprenditori e turisti di fascia alta da tutto il mondo. Dovete sapere che a Doha il tartufo arriva dall’Australia, ma quello italiano, e abruzzese, è di gran lunga superiore. Non è facile però entrare in questo mercato, c’è diffidenza, tutti amano ciò che è italiano, ma temono di essere fregati, e dunque la parola chiave è affidabilità. Infine per l’internazionalizzazione, è importante strutturarsi, avere addetti che conoscano la complessa burocrazia dell’import-export, che parlino bene l’inglese e se possibile altre lingue”.
Infine il direttore generale dell’Arap, Antonio Morgante, ha snocciolato i dati della performance sui social dell’evento Fiera internazionale dei tartufi d’Abruzzo: “Dal 12 novembre al 9 dicembre si è registrata una crescita esponenziale di visibilità, del 539% come pure delle interazioni, ci sono stati importanti incrementi anche su instagram. Una performance che ha abbracciato tutti i 6 continenti. Anche questo conta per il processo di internazionalizzazione, che passa per la visibilità del prodotto”.