Dalle prime luci dell’alba, i Finanzieri del Comando Provinciale di Bari e dello Scico stanno dando esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 31 persone e a un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 2 milioni.
L’operazione anti droga interessa anche l’Abruzzo.
L’ordinanza, emessa dal gip del tribunale barese su richiesta della direzione distrettuale antimafia, riguarda l’applicazione di 31 misure cautelari (di cui 15 in carcere, 14 agli arresti domiciliari e 2 destinatarie dell’obbligo di dimora) a individui residenti nelle province di Teramo, Chieti, Bari e Foggia.
Emesso, inoltre, un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 2 milioni di euro, tra cui 28 terreni agricoli, 7 appartamenti, 900mila euro in contanti, polizze vita, saldi attivi dei conti correnti e 2 automobili.
Le persone raggiunte da questi provvedimenti restrittivi sono indagate, a vario titolo, per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché produzione, traffico e detenzione illecita delle stesse.
L’operazione odierna costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine che ha consentito di svelare l’esistenza di un gruppo criminale con sede operativa nella provincia di Foggia e propaggini in quelle di Bari e Bat.
Sequestrati circa 150 kg di hashish e 200mila euro in contanti, con diversi arresti effettuati in flagranza di reato. Come informa una nota, gli accertamenti degli investigatori avrebbero consentito di dimostrare come l’associazione fosse “connotata da un’elevata capacità organizzativa e dotata di una rilevante disponibilità di mezzi finanziari e strumentali, disponendo di una cassa comune e di una vera e propria contabilità d’esercizio”.
In particolare l’organizzazione, tramite l’uso di automezzi con doppi fondi, avrebbe rifornito di stupefacenti, in maniera sistematica e capillare, diverse piazze delle province di Foggia, Bari e Barletta-Andria-Trani, nonché le zone costiere dell’Abruzzo.
Inoltre sarebbero stati adoperati strumenti di comunicazione criptati e a “circuito chiuso”, mimetizzando le attività illecite in strutture adibite ad attività commerciali. Per depistare le indagini veniva utilizzato nelle conversazioni un linguaggio allusivo, che convenzionalmente definiva la droga con termini quali “1p” per indicare il panetto di 100 grammi oppure semplicemente “una” con riferimento a una cassa da circa 30 kg, mentre il denaro veniva individuato con la parola “documenti”.