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Trasaccano diplomato alla scuola ‘Marchesi’: ora sogna in grande tra primi piatti e i suoi 20 anni

L’arte della cucina incomincia da una domanda semplice e quasi banale: ma stasera cosa si mangia?

E cosa c’è per antipasto? Spigola, spinaci e cedro. E poi? Come portata principale? Continuiamo con un risotto cotto a puntino, al gusto di crema di broccoli, gambero rosso e fonduta di Pepato Vecchio (una sorta di pecorino siciliano a pasta dura) e concludiamo, infine, con un dolce squisito, da leccarsi i baffi e gli stimoli sensoriali della mente: un tortino di crema di ricotta al cioccolato. E pensare che tutto questo menu – salato e dolce al punto giusto – è scaturito dalle idee produttive di un ragazzo di appena 20 anni di età.

Se mai esistesse un proverbio che possa racchiudere, nella sua storia longeva, la fatica che questo 20enne, originario di Trasacco, ha compiuto, nel tempo, per arrivare a toccare, alla fine, la meta che gli è capitata un po’ per sorte e un po’ per avventura, quello suonerebbe così: ‘alla fine, è la cucina che ha scelto te’. E questo perché, infatti, per quanto ci si possa allontanare dal destino segnato, prendendo vie diverse e salpando da diversi porti, la forza della strada tracciata dalle stelle tornerà sempre a bussare alla porta di casa propria. Anche se, in questo caso, chi ha bussato all’uscio di casa di Cristian Garofalo è stato lui: lo chef che gli impartiva le lezioni di cucina a L’Aquila e che gli ha svelato, una sera, l’arcano mistero, ossia che la strada del destino, per Cristian, era fatta di sale, zucchero e di spezie varie, italiane e non.

 

«La mia avventura con i fornelli – racconta Cristian Garofalo alla Redazione di InfoMediaNews, neodiplomato alla scuola ‘Alma’ parmense di Gualtiero Marchesi – è incominciata per caso. Io mi sono accostato alla cucina all’età di 15 anni circa, da adolescente, quindi. Aiutavo, di fatti, mia madre nella preparazione di alcuni piatti; successivamente, però, assieme a mio fratello, ho preso letteralmente tra le mani le redini della cucina di casa! – scherza – Anche lui è molto appassionato di cucina, benché poi abbia deciso una strada diversa dalla mia, fatta di pentole e di ricette». Quando Cristian frequentava il quarto superiore del Liceo Scientifico di Avezzano, non aveva, all’epoca, ancora chiara in testa la strada del destino da seguire e perseguire, sennonché, proprio al quinto anno di Liceo, ha realizzato, di punto in bianco, di voler fare, da grande, lo chef. «Diciamo che – dichiara – dalle bruciature scolastiche, è nato, poi, un grande sogno da voler mettere in pratica». E che pratica, diremmo noi. Cristian, infatti, con il peso specifico di molti sacrifici racchiusi nello zaino della vita e con tanta audacia trasmessagli, nel tempo, anche dai suoi due genitori (in particolar modo dalla madre, che ha sempre seguito tutti i passi del proprio figlio, all’inizio della sua avventura, cercando, ad esempio, con cura i corsi da frequentare nel capoluogo di Regione) alla fine, ha dato un taglio netto alla sua vita, dedicandosi anima e corpo all’elaborazione dei piatti. «I miei genitori – racconta – mi hanno consentito di seguire dei corsi amatoriali di cucina a L’Aquila. Quella della cucina, cioè, è stata una tendenza espressa che poi, man mano, si è trasformata nel mio obiettivo primario. Ora sono a Modica e lavoro in un ristorante», dice. I corsi aquilani hanno rappresentato, per questo giovane e futuro chef, tanto un banco di prova quanto un banco di divertimento. L’entusiasmo, sicuramente, alla fine, è riuscito a scavalcare, infatti, i confini di sacrifici, perplessità e dubbi. «Dico solo che i miei genitori, ogni sera, venivano in auto sino a L’Aquila per riportarmi a casa, a Trasacco, poiché i corsi di cucina finivano sempre alle 22 e a quell’ora, non vi erano autobus da riprendere per tornare in Marsica. A loro devo molto, perché mi hanno sempre appoggiato».

 

«Indirettamente, il mio maestro di allora, a L’Aquila, mi indirizzò – continua Cristian – verso un gradino più alto di specializzazione. Io avevo già pensato di iscrivermi all’Università dei Sapori di Perugia, però questo chef mi consigliò di frequentare il Corso Superiore di cucina italiana nella scuola fondata dal cuoco e gastronomo italiano Marchesi, scomparso nel 2017. Abbiamo, a quel punto, incominciato ad informarci e gira che ti rigira alla fine è finita così», avverte. Ossia con un diploma in tasca di cucina italiana riconosciuto, per giunta, in tutti i paesi dell’Ue. Un diploma, insomma, bello ‘pesante’, sicuramente da far valere come carta nel futuro prossimo. «Adesso come adesso, – dichiara Cristian – non sono ancora in grado, a vent’anni, di dire dove posso arrivare e cosa farò nel più lontano domani. Certo, mi piacerebbe comunque realizzarmi attraverso l’inaugurazione di un ristorante tutto mio o come chef di un ristorante di livello. Per ora vedo solo la mia passione». Cristian, che ha una spiccata preferenza per il salato, ha dovuto, all’esame finale della Scuola di Colorno, allestire e creare un vero e proprio menu di tre portate, con il quale ha superato, infine, lo spinoso test di classificazione. «Preferisco – conclude – di gran lunga cucinare i primi piatti. Attualmente, ho una propensione per i risotti». Per gli esami finali dell’Alma, Cristian ha redatto un menu di tre portate, composto da un antipasto, un primo piatto e da un dessert. I piatti, cioè, che questa stessa Redazione vi ha annoverato, per gioco, all’inizio di questo ‘articolo-avventura di carta’. «Quelli presentati – sorride al di là della cornetta del telefono da cui lo abbiamo intervistato – sono stati piatti miei». E già nel solo fatto di voler affermare una sensazione del genere, si coglie tutta l’ambizione di voler spendere se stessi in una sfida, che non è quella relativa alla sola elaborazione di un piatto qualsiasi. L’amore in cucina, infatti, può cambiare il modo di vedere le cose che si hanno intorno. «Questo diploma – dice, infine, Cristian – potrebbe regalare anche una grande visibilità, ma non sempre è così: perché costituisce un sicuro vantaggio solo se si è capaci di sfruttarlo a diritto e a dovere. E poi a me non piace tanto ‘apparire’ in mezzo agli altri e alla gente, quanto più stare dietro le quinte, altrimenti, forse, – scherza – avrei fatto il cameriere».

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