Forse giocare in casa non aiuta il cinema nostrano. Forse si dovrebbe ricorrere a un esorcismo di Padre Cataldo, il prete ‘scaccia-demoni’ protagonista della pellicola uscita vittoriosa nella sezione Orizzonti, per capire cosa è andato storto nei film italiani al Festival di Venezia, svoltosi nella meravigliosa cornice del Lido dal 31 agosto al 10 settembre.
Nessun riconoscimento, infatti, per i tre film di produzione nazionale in concorso per il Leone d’Oro, premio che, nelle due precedenti edizioni, ha rappresentato il trampolino di lancio per la successiva vittoria all’Oscar, vista la felice sorte toccata a ‘Birdman’ e ‘Il caso Spotlight’, cui, prima della consegna delle Statuette, proprio la giuria della Mostra aveva riservato un convinto plauso.
Ad augurarsi che l’incantesimo si ripeta, quest’anno, sarà il cineasta filippino Lav Diaz che, con il suo struggente lungometraggio ‘The woman Who left’, ha confermato le previsioni di chi, già qualche anno fa, aveva scommesso sulle sue doti di innovatore, intravedendo, nei suoi continui piani-sequenza e nell’incedere cadenzato delle sue trame, chiare avvisaglie di talento. Il suo film è una storia di vendetta e redenzione, di ombre e luci, in un gioco di specchi in cui a fare capolino, alla fine, è l’umanità nella sua lotta quotidiana.
A Tom Ford e al suo ‘Nocturnal Animals’, thriller vibrante sulla famelicità contemporanea dei sentimenti e sul feroce binomio tra amore e sospetto, invece, è stato riconosciuto il Gran premio della Giuria, in linea con le dichiarate intenzioni del regista statunitense di ‘catturare l’attenzione’ della platea.
Doppia assegnazione per il Leone d’argento alla miglior regia, che ha visto trionfare con pari merito i lavori di Konchalovsky ed Escalante, rispettivamente per ‘Paradise’ e ‘La Regiòn Salvaje’. Miglior sceneggiatura a Noah Oppenheim per ‘Jackie’ di Pablo Larrain, mentre la Coppa Volpi se la sono aggiudicata Emma Stone e Oscar Martinez.
A tenere alto l’umore della truppa italiana ci ha pensato Federica Di Giacomo e il suo ‘Liberami’, documento di cinema reale con cui l’intraprendente regista ligure ha voluto smantellare il monopolio dell’horror sull’argomento dell’esorcismo. Tre anni di duro lavoro sono serviti per costruire un’analisi lucida e mai banale su una pratica che ancora oggi, contrariamente a quanto si crede, conosce una larga diffusione, tanto da indurre la Chiesa a formare preti che siano in grado di purificare dal male. È il caso di Padre Cataldo e della sua crociata antidemoniaca a Palermo, una città dove molte persone, inginocchiandosi davanti al confessionale, credono che disturbi e sofferenze abbiano un’origine diabolica, quando altro non rappresentano che la conseguenza di malattie e disagi assolutamente ‘terreni’.
Dall’esperienza del Festival di Venezia, il messaggio che sembra giungere al cinema italiano è che il segreto di una buona pellicola risiede nelle sue capacità di sollevare interrogativi, di sedimentarsi nel cuore dello spettatore e di accompagnarlo, oltre i titoli di coda, fino alla soglia della propria coscienza.
Foto: di www.labiennale.org