“L’Italia è stata condannata al pagamento di 190 milioni di euro per il rigetto dell’istanza di concessione di coltivazione “Ombrina mare”.Il ricorso all’arbitrato internazionale era stato promosso dalla multinazionale Rockhopper nel 2017, a seguito della decisione assunta dal ministro dello sviluppo economico Federica Guidi di non rilasciare più il titolo e di chiudere definitivamente la vicenda. Un sistema e un esito assai discutibili (e per questo bene ha fatto l’Italia a recedere dal Trattato sulla Carta dell’energia)”.
BLo dice all’Ansa Enzo Di Salvatore, costituzionalista presso l’Università di Teramo e tra i promotori del referendum sulle trivelle.
“Il punto è che Rockhopper avrebbe potuto benissimo adire il TAR Lazio, ma ha preferito seguire, invece, la strada dell’arbitrato. Se, infatti, avesse promosso un ricorso al TAR Lazio sarebbe stata probabilmente soccombente, giacché il nostro ordinamento giuridico tutela il legittimo affidamento di colui che investe sulla base di una concessione già rilasciata (e poi revocata); in questo caso, invece, il Trattato accorda tutela agli investimenti a prescindere dalla esistenza di una concessione; e ciò è discutibile perché investimenti effettuati senza il rilascio di un titolo dovrebbero ricadere nell’alea che sempre accompagna l’iniziativa economica del privato”, chiude Di Salvatore.