I finanzieri della Tenenza di Camerino e i carabinieri del Reparto Operativo-Nucleo Investigativo di Macerata, coordinati dalla locale Procura, hanno smantellato un’associazione per delinquere dedita a truffe sul superbonus 110%: circa 4,8 milioni di euro i crediti fittizi.
Eseguite sette ordinanze cautelari (5 ai domiciliari e 2 in carcere) del gip di Macerata e un decreto di sequestro preventivo di quote di due società, crediti monetizzati e proventi di riciclaggio per oltre 2.750.000 euro, immobili, ritenuti profitto degli illeciti ipotizzati.
I dettagli dell’operazione “110% Plus” illustrati in una conferenza stampa presso il Comando provinciale della Finanza di Macerata, dal procuratore Giovanni Fabrizio Narbone, con i vertici provinciali di finanza e carabinieri.
L’indagine è in fase preliminare ed è fatta salva la presunzione d’innocenza fino all’eventuale sentenza definitiva. Misure cautelari eseguite nei comuni di Tolentino, Civitanova Marche (Macerata), Martinsicuro (Teramo) e Falconara Marittima (Ancona).
Numerose le perquisizioni: sequestrati dieci fabbricati, 12 terreni, quattro auto, orologi di lusso, oggetti preziosi, contanti, un assegno per circa 30mila euro, e ulteriore materiale.
I reati per cui si procede vanno dal trasferimento fraudolento di valori, al riciclaggio”, all’autoriciclaggio, all’associazione per delinquere e altri. In carcere il presunto “capo” dell’organizzazione, 31enne imprenditore residente a Tolentino, e un 66enne professionista, residente a Martinsicuro. Ai domiciliari, madre, moglie e sorella del 31enne, residenti a Tolentino come altri due professionisti.
Le indagini avrebbero mostrato “un grave quadro indiziario di colpevolezza” per i reati ipotizzati: l’organizzazione, tramite proprie società nell’edilizia e professionisti, certificava lavori di ristrutturazione eccedenti il reale valore di quelli eseguiti, aventi oggetto miglioramento energetico e adeguamento antisismico per ottenere “ecobonus” e “sismabonus” rientranti nel “superbonus 110%”: valori di appalti e computi metrici venivano gonfiati ad hoc. Le fatture – committenti spesso ignari – venivano inserite nel portale Agenzia delle Entrate, con indebiti visti di conformità.