Sta viaggiando in queste ore, in direzione Stati Uniti, il prestigioso Attestato di pubblica Benemerenza conferito dal Comune di Cerchio, nella persona del primo cittadino Gianfranco Tedeschi, alla scienziata di origini italiane Constance Sancetta, che ha avuto il merito di riconsegnare alla comunità cerchiese una pagina di storia dimenticata nei meandri del tempo.
Un ponte ideale tra la città di Cleveland, in Ohio, e il piccolo borgo di Cerchio, in provincia dell’Aquila, che sottolinea e in qualche modo suggella un sodalizio durato secoli, quello degli italiani che lasciarono le loro case e i loro affetti, con l’America (e anche altre nazioni del mondo) che li accolse.
Tutto ha avuto inizio con il ritrovamento di circa quaranta lettere, scritte nel primo decennio del ‘900 da Antonio Vasquenz, un contadino originario di Cerchio, al figlio emigrato in Pennsylvania. Una corrispondenza epistolare che ha aperto una finestra temporale non soltanto sul paese interessato, ma sul periodo storico-sociale e sulle misere condizioni dei contadini del Fucino, il lago prosciugato e diventato zona agricola industriale dalla fine dell’Ottocento.
Per una serie fortuita di coincidenze, le lettere dei Vasquenz sono giunte tra le mani della Sancetta, oceanografica, volontaria della WRHS, l’istituto di ricerche genealogiche di Cleveland, che le ha catalogate e tradotte in inglese, inserendole nel contesto geografico e storico di riferimento e realizzandone una pubblicazione dal titolo “Here in Cerchio”, riservato al pubblico d’oltreoceano.
Grazie ad una successiva sequenza di coincidenze, una giornalista cresciuta nello stesso paese dei Vasquenz, Alina Di Mattia, è venuta a conoscenza del ritrovamento delle lettere grazie ad un’amica residente proprio a Cleveland e ha contattato immediatamente la Sancetta chiedendo una copia delle missive da donare al suo paese.
Una volta visionato il materiale, e accertato che il contenuto delle missive rappresentasse un pezzo di storia non soltanto marsicano, ma dell’intera Italia che nei primi del Novecento viveva le stesse condizioni degli abitanti della piana del Fucino, la Di Mattia ha deciso di fare una versione del libro tutta italiana. Ha quindi trascritto integralmente le lettere originali dei Vasquenz – oggi in mostra al Museo Civico di Cerchio – ha ricostruito la cornice sociale in cui la famiglia viveva affidandosi alle testimonianze di molti contadini del luogo e della sua stessa memoria, e revisionato e tradotto in italiano la parte storico-geografica. Ne è risultata un’opera letteraria estremamente significativa per la stessa comunità, nonché strumento didattico, cui è stato dato il titolo di “C’era una volta a Cerchio” accolto favorevolmente dalle amministrazioni pubbliche e dalle stesse associazioni di abruzzesi nel mondo che fanno capo al CRAM.