[KGVID poster=”http://www.infomedianews.it/wp-content/uploads/2016/11/CollelongoCava_thumb234.jpg” width=”640″ height=”360″]http://www.infomedianews.it/video/CollelongoCava.mp4[/KGVID] La condizione della Cava dismessa ‘Le Grottelle’ di Collelongo ha aperto una voragine critica ed etica, recentemente, nella comunità. Si è parlato di inquinamento e di pericolo per la salute pubblica, a causa delle 17 mila tonnellate di rifiuti che avrebbero dovuto essere utilizzate per l’atto di tombamento dell’ex cava in questione, una procedura, questa, autorizzata dalla Regione Abruzzo e dalla Provincia dell’Aquila e finalizzata al ripristino ambientale, mediante conferimento di determinate tipologie di rifiuti speciali non pericolosi, tra cui i fanghi di cartiera. La cava è di proprietà della ditta di Remo Tamburro. Tra il mese di dicembre 2015 e febbraio 2016, però, il settore ambiente/servizio gestione rifiuti della Provincia dell’Aquila si pronunciò per uno stop dell’attività, statuendo il divieto di prosecuzione e, quindi, revocando l’autorizzazione allo scarico.
Nel mezzo della questione, il discusso mantenimento dell’integrità della falda acquifera Triò che alimenta i comuni di Collelongo, Trasacco, Luco dei Marsi e Avezzano. «La ditta – afferma il primo cittadino Rosanna Salucci – dietro nostro sollecito, ha depositato un piano di caratterizzazione e, al contempo, ha impugnato il provvedimento della Provincia al Tar, chiedendone la sospensione e, quindi, avvalorando l’idea di poter continuare a scaricare i rifiuti nella cava. Nel frattempo, però, si è preoccupata di attivare questo piano di caratterizzazione, per arrivare a capire se, o meno, quell’area, fosse effettivamente inquinata e cosa avesse portato questo deposito a tutte le matrici dell’ambiente».
«Il piano di caratterizzazione, – continua il primo cittadino di Collelongo – che ha previsto ben 14 prelievi, ha evidenziato che gli idrocarburi sono rimasti confinati nei fanghi, ossia non sono passati nella falda acquifera, non inquinando il terreno sul quale sono stati depositati. Questa concentrazione resta alta, infatti, solo nella massa, ma in tutte le altre matrici ambientali (suolo, sottosuolo e acqua) non v’è traccia di contaminazione. Questa è la notizia che mi preme diffondere alla cittadinanza, cosicché non si parli più di inquinamento, perché così non è, ma di rifiuti che si sono depositati in un ambiente in cui non dovrebbero permanere».
«Assurdamente gli Enti – esprime, in una nota fatta pervenire alla Redazione l’avvocato difensore della ditta Tamburro, Minichilli – si ostinano a considerare l’area come ‘verde pubblico’, quando invece, a pochi metri dalla cava, insiste una discarica comunale dismessa, regolarmente censita dalla Regione Abruzzo, sulla quale tuttavia nessun Ente ha ritenuto di doversi esprimere sulla sua potenzialità inquinante. Il mio assistito auspica che gli Enti preposti si facciano promotori di un tavolo tecnico, nel quale trovare una soluzione rispettosa della normativa ambientale, in mancanza del quale si proseguirà nel Giudizio di merito».