“L’Amministrazione comunale, con la decisione di non rinnovare la concessione per il chiosco di piazza Risorgimento e con la successiva demolizione di quest’ultimo, ha dato uno schiaffo alla memoria collettiva della nostra comunità. Quella piazza, quel chiosco, quello zampillo sono stati patrimonio della comunità locale, sono stati pezzi di memoria che avrebbero meritato di essere trattati con sensibilità politica e accortezza amministrativa. Invece la nostra gente ha vissuto la scelta, incomprensibile, di demolire quel luogo storico come una ferita al proprio passato palesando tale disagio con molti e sentiti messaggi di solidarietà ai gestori storici e altrettanti messaggi di vibranti proteste”. È quanto affermano in un comunicato Chiara Di Felice e Alessandro Croce del Pd in merito alla decisione dell’amministrazione comunale di Capistrello di non rinnovare la concessione per il chiosco della musica di piazza Risorgimento.
“In molti – continuano – abbiamo criticato quella scelta, come i discutibili lavori sulla piazza che hanno stravolto estetica e viabilità del centro cittadino con una spesa di oltre un miliardo di vecchie lire. Soldi di tutti i cittadini di Capistrello. Per non parlare poi del metodo amministrativo utilizzato per gestire i lavori con ben quattro perizie di variante.
Ora a questi danni, cui non si può porre rimedio, è necessario non aggiungerne altri. A partire dal bando pubblicato in data 7 gennaio 2021 per procedere all’affidamento di ricostruzione e gestione di un nuovo chiosco, in sostituzione di quello demolito.
Il bando in questione prevede la concessione a privati di una porzione di 100 metri quadrati di piazza Risorgimento per la realizzazione e la gestione di un chiosco destinato alla somministrazione di alimenti e bevande.
La durata della concessione è stabilita in 25 anni con un canone corrispettivo di oltre 600 euro al mese a base d’asta soggetta al rialzo. Ciò significa che chi si dovesse aggiudicare il bando dovrà sborsare la ragguardevole somma di oltre 180.000 euro! Un impegno economico tanto gravoso, quasi peggio di un mutuo visto che alla fine il chiosco dovrà essere restituito al Comune, che rappresenta un grande deterrente per chi volesse tentare la strada di questa attività a cui si somma lo sforzo economico per la costruzione della struttura e delle aree pertinenziali per circa 100mq sempre a carico di chi si aggiudicherà il bando.
Se non bastasse intorno alla piazza sono già numerose le attività commerciali di somministrazione e, dunque, c’è una concorrenza che non va sottovalutata ai fini della buona riuscita dell’operazione.
Ma a carico del concessionario ci sarà anche la costruzione dei bagni a servizio del chiosco e il tutto dovrà ‹‹adattarsi pienamente al territorio ed alle caratteristiche dei luoghi circostanti non solo dal punto di vista urbanistico ma anche da quello estetico…››.
È più che probabile che tali manufatti arriveranno a costare non meno di 75.000 euro. Una cifra considerevolissima soprattutto se sommata agli oltre 180.000 euro di canone complessivo.
La prima domanda, ovviamente retorica, allora è questa: ma perché cacciare la vecchia gestione e demolire un manufatto storico (dal punto di vista della memoria) per rifarne uno nuovo, a carico di chi lo prenderà in gestione e a fronte di un canone che scoraggia?
La seconda domanda, altrettanto retorica: è questo un modo per incentivare il commercio locale e l’avvio di una nuova attività sul territorio?
Riteniamo che il modo con cui si è agito sul chiosco della musica si sia rivelata una pessima pagina di amministrazione locale e che, a seguire, questo nuovo bando rischia di diventare l’ennesimo buco nell’acqua. Si ritiri, dunque, l’avviso e si prevedano ben altre condizioni che possano incentivare, anzitutto con un canone notevolmente inferiore, l’avvio di un’attività da parte di giovani nel tentativo di attirare qualche famiglia in un paese sulla via dello spopolamento. Vanno inoltre radicalmente modificati i criteri di valutazione dei progetti, oggi troppo discrezionali, e la composizione della commissione di valutazione.
Il progetto di realizzazione sia affidato ad un “concorso di idee” che favorisca la migliore elaborazione progettuale e il finanziamento dell’opera coperto con un concorso pubblico-privato di cui l’Ente sia in quota parte finanziatore ai fini dello sviluppo di un’attività rispondente a criteri di aggregazione sociale oltreché economico-commerciali.
In caso contrario crediamo che l’avviso pubblico resterà senza risposta o peggio che i futuri concessionari saranno costretti a lasciare presto l’attività per antieconomicità della stessa e con rischio di contenzioso con il Comune.
A meno che l’Amministrazione non abbia già avuto, per ipotesi, ampie rassicurazioni su interessi concreti di esercenti zelanti pronti a riprendere in mano quello che fu un luogo della memoria, demolito e cancellato dalla storia del nostro paese”.