Preoccupa seriamente la situazione venutasi a creare presso il penitenziario della Costarelle dell’Aquila.
È con questa frase che Ruggero di Giovanni, Mauro Nardella e Moreno Pignatelli, i dirigenti della UIL intervenuti a far visita la struttura aquilana, hanno iniziato a descrivere la brutta situazione nella quale si è andata calando una delle realtà carcerarie più importanti d’Europa.
La visita, effettuata in un clima avvolto da un velo di tristezza per via della prematura scomparsa di Mauro Di Bernardo, l’assistente capo di polizia penitenziaria di 52 anni deceduto nella giornata di ieri a seguito di un incidente avvenuto proprio mentre si recava in servizio, ha evidenziato un aspetto a dir poco offuscato quando ad essere stati messi al centro dell’attenzione sono stati i numeri legati agli organici siano essi di polizia penitenziaria che facenti capo al comparto Funzioni Centrali.
A fronte di 100 detenuti in più (170 oggi presenti a fronte dei 70 del 2008) e tutti rientranti nel fatidico circuito del 41bis, si conta una carenza di organico di polizia penitenziaria, secondo la UIL, di circa 30 agenti per ciò che attiene il personale rientrante nel quadro permanente e di 40 per l’aliquota riservata ai componenti del GOM ( gruppo operativo mobile).
A rischio – si legge nelle nota – non è solo la sicurezza (condizione senza la quale non vi potrà mai esserci garanzia trattamentale) che risulta comunque garantita (per quanto ancora non si sa) dal surplus di sacrificio offerto dal personale ivi operante, ma anche e soprattutto i diritti soggettivi degli operatori penitenziari.
Basti pensare che quest’anno si rischia veramente di non riuscire ad assegnare le ferie estive al personale se non altro secondo quello schema che storicamente li ha visti sempre distinguersi in positivo dal resto dei consociati abruzzesi.
Il carcere dell’Aquila da sempre ha rappresentato il fiore all’occhiello del sistema penitenziario regionale. Un fiore, però, che più passa il tempo e più appassisce.
La situazione è andata ancor più aggravandosi a seguito della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Questa situazione ha ulteriormente gravato di incombenze un Istituto che di tutto aveva bisogno fuorché di essere ulteriormente e pesantemente zavorrato.
I continui piantonamenti di soggetti psichiatrici provenienti dalla REMS di Barete e ricoverati presso l’ospedale cittadino ha, infatti, praticamente oberato gli uomini di stanza al carcere delle Costarelle di ulteriore e pesante aggravio di lavoro.
Se a ciò aggiungiamo il fatto che lo stesso personale, a seguito dei ricoveri di detenuti provenienti da altri istituti di pena, e sempre presso il nosocomio aquilano, sono costretti a contribuire con un’aliquota pari al 50% della forza necessaria allora potremo sicuramente affermare che la frittata è fatta.
Ora bisognerà subito correre ai ripari se non si vorrà conoscere la parola collasso, scrive ancora Nadella, segretario generale territoriale UIL PA polizia penitenziaria e componente della segreteria confederale CST UIL Adriatica Gran Sasso.
Lo si potrà fare iniziando dalla rivisitazione dell’organizzazione del lavoro del carcere, che tamponi l’emorragia in atto e che riesca a garantire il minimo dei diritti soggettivi del personale.
Fatto questo si dovrà necessariamente intervenire sugli organici che, seppur rientranti nell’oscuro vortice del luogo comune, in un penitenziario com’è quello aquilano non potranno, per il bene di tutti ( a buon intenditore poche parole), non essere adeguati.