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Mafia in Abruzzo: 200 Carabinieri all’opera dalle prime luci dell’alba

Dalle prime ore della mattina, oltre 200 Carabinieri stanno dando esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di L’Aquila a carico di 25 persone (di cui 14 in carcere) per associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, traffico di armi, estorsione, riciclaggio ed altro, che, insediatasi in Abruzzo e Molise, ha poi esteso le proprie attività criminali anche nelle regioni limitrofe e all’estero, in particolare nei paesi dell’America latina.
A vario titolo risultano indagate 149 persone e si sta procedendo anche a sequestro di beni immobili ed attività commerciali, nonché a perquisizioni in Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia, Lazio e Marche. L’organizzazione è costituita da elementi di spicco del clan Ferazzo di Mesoraca (Kr). Nell’ambito dell’operazione ‘Isola Felice’, denominata così poiché l’Abruzzo viene ritenuto tale in quanto a criminalità organizzata – «Oggi abbiamo colpito la cosca dei Ferrazzo in modo definitivo».
Lo ha detto in conferenza stampa il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti. «Questa ‘ndrina – ha aggiunto – che operava a livello transnazionale impiantandosi tra l’Abruzzo e il Molise è stata sradicata. Parliamo di un gruppo malavitoso che trafficava sia con la droga che con le armi».
L’esponente di vertice, Felice Ferrazzo, è stato arrestato a San Giovanni degli Schiavoni (Campobasso) mentre al figlio Eugenio l’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata nel carcere di Ferrara dove già si trovava detenuto. L’operazione si è dunque conclusa con 25 provvedimenti restrittivi: 14 in carcere, 6 ai domiciliari, 5 obblighi di dimora. Altri due indagati da sottoporre alla stessa misura non sono stati trovati, cosi’ come risulta latitante un altro soggetto raggiunto dalla misura più afflittiva. I tre ricercati si trovano tutti all’estero. Più in particolare, gli arresti sono avvenuti a Vasto (Chieti), San Salvo (Chieti), Roccella Ionica (Reggio Calabria), a Messina, a San Severo (Foggia). Altri due provvedimenti restrittivi sono stati notificati per altrettanti indagati attualmente reclusi a Voghera (Pavia) e Cassino (Frosinone). A firmare le ordinanze è stato il gip della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Romano Gargarella. «L’intervento giudiziario di oggi – ha aggiunto Roberti – arriva al termine di un’azione investigativa partita nel 2010 a seguito dell’arresto operato dai carabinieri di Pescara a carico di uno degli indagati sorpreso con quasi un chilo di cocaina purissima».
La qualità dello stupefacente ed altri elementi acquisiti nell’immediatezza dagli investigatori hanno determinato l’avvio di attività d’indagine coordinata dalla Procura distrettuale antimafia dell’Aquila, nella persona del sostituto procuratore Antonietta Picardi, al fine di individuare i complici dell’arrestato e risalire la filiera cge aveva permesso l’importazione dello stupefacente. «Nel corso dei mesi successivi – ha ricordato Picardi – una serie di mirati arresti hanno consentito ai carabinieri di scoprire un autentico ‘fiume’ di cocaina che, dal Sudamerica giungeva sul territorio nazionale tramite disparate modalità d’invio».
A fine 2010 in collaborazione con la polizia argentina vennero sequestrati 8 chili di cocaina liquida presso l’aeroporto di Buenos Aires mentre erano in procinto di essere imbarcati verso l’Europa e destinati alla piazza abruzzese. La progressione delle indagini, caratterizzata da intercettazioni telefoniche, Ambientai e telematiche nonche’ da importanti arresti e sequestri di stupefacente, ha portato all’individuazione di una raffineria che l’organizzazione criminale aveva realizzato in un’abitazione di San Salvo, sequestrata nel maggio 2011. In quella occasione era stato registrato anche un primo importante sequestro di armi, con la scoperta di un deposito dove i criminali custodivano 5 pistole, giubbotti antiproiettile e jammer per il disturbo delle frequenze cellulari impiegate dagli investigatori per le attivita’ di intercettazione. Alcuni mesi dopo segui’, a Termoli, il sequestro di un autentico arsenale nella disponibilita’ dell’organizzazione. Vennero sequestrate numerosi armi da guerra, tra cui kalashnikov, fucili a pompa, pistole e munizionamento. Ulteriori importanti sequestri di armi sono avvenuti in Piemonte e in Calabria e sono stati accertati traffici consistenti tra la Svizzera, le regioni settentrionali, la dorsale adriatica fino alla Calabria (anche utilizzando, per il trasporto, bus di linea solitamente utilizzati dagli emigranti) nonché dai Balcani seguendo rotta marittima attraverso porti pugliesi.
«Dopo importanti sequestri ed altri arresti di singoli corrieri o depositari di droga e denaro (sono stati sequestrati 100 mila euro in contanti) provento del narcotraffico, alcuni componenti dell’organizzazione hanno avviato un percorso collaborativo con gli inquirenti che – ha riferito il sostituto procuratore Picardi – ha permesso di acquisire elementi, riscontrati dai carabinieri, circa la ramificazione di un’articolata organizzazione criminale con basi operative nel Vastese e nel litorale molisano, ma anche a Pescara e L’Aquila operante sotto il diretto controllo del clan Ferrazzo di Mesoraca”. Ulteriori ramificazioni sono state individuate in Campania (a Torre Annunziata), in Lombardia (a Mariano Comense, Varese ed altri centri di quella provincia), in Piemonte (nell’alessandrino) ed altrove.
«Il Gip – ha spiegato la dottoressa Piardi – ha condiviso l’impostazione della Procura e pertanto, sia pur in attesa dei successivi vagli processuali, si ritiene sussistano consistenti elementi per affermare l’esistenza di un’associazione criminale di natura ‘ndranghetista, con base tra San Salvo, Campomarino e Termoli, operante sotto l’egida della famiglia Ferrazzo e composta sia da calabresi e siciliani (diversi esponenti della famiglia Marchese di Messina sono stabilmente legati ai Ferrazzo da interessi economici e criminali) che da personaggi locali, per lo più appartenenti alla piccola criminalità abruzzese e molisana che, nel tempo, hanno fatto ‘il salto di qualità’ affiliandosi alla criminalità organizzata».
Non a caso nel corso delle indagini è stata documentata l’affiliazione tramite emblematiche cerimonie che prevedono giuramenti davanti a ‘santini’ ed altre immagini sacre insieme a rituali di chiara matrice pagana.
«L’analisi degli avvenimenti, con particolare riferimento alla pressione criminale esercitata su un territorio relativamente circoscritto al vastese e al litorale molisano, e la conferma fornita da alcuni collaboratori di giustizia – ha quindi osservato il sostituto procuratore della Dda – permette di affermare che l’ascesa del clan Ferrazzo in Abruzzo e Molise è stata in qualche modo resa possibile dalla ‘caduta’ del clan Cozzolino, precedentemente egemone sul territorio, decimato dalle indagini dell’operazione ‘Adriatico’ che la Procura aquilana ha sempre sviluppato con i carabinieri. Il coordinamento della Procura nazionale antimafia è stato indispensabile dal momento che ha curato numerose convergenze investigative con altre procure italiane nonche’ la consistente attivita’ rogatoriale promossa presso le autorita’ giudiziarie di Argentina, Svizzera ed altre nazioni europee. Al tempo stesso – ha detto infine la dottoressa Picardi – i carabinieri hanno potuto sollecitare l’intervento di collaterali forze di polizia estere grazie al coordinamento di Interpol e della Direzione centrale per i servizi antidroga».

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