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La fotografia che narra il lavoro degli immigrati nel Fucino

di Elisabetta Venditti

 

La fotografia racconta storie, è vero. Riuscire a trasmettere ciò che si vede attraverso un obiettivo è possibile solo se ci si addentra in quella realtà. L’immigrazione, ad esempio, è un tema attuale e delicato, ma rappresenta un ottimo spunto per raccontare, attraverso gli scatti, storie molto interessanti, che vogliono significare qualcosa di più.
La forza lavoro rappresentata dagli stranieri in Italia è in continuo aumento. E’ ben noto che la manodopera a basso costo costituisce un fattore di rilievo nel determinare chi è più o meno disposto ad accettare lavori meno pagati e gli immigrati sembrano lavorare più degli italiani. Nel territorio marsicano abbiamo il Fucino, una realtà affascinante. Basta aggirarsi un pomeriggio tra le innumerevoli strade e vicoli che lo suddividono per rendersene conto.
agricoltore

 

Io sono solita fare questo, soprattutto nelle giornate estive, con la mia macchina fotografica sempre dietro perché la fotografia, essendo una forma di comunicazione, mi permette di fissare ciò che noto e che vorrei raccontare. Fotografare non significa riprodurre la realtà, ma interpretarla attraverso l’esperienza. Trascorro parecchie ore nelle strade 35, 36, 37 ed il mio pensiero costante è: incredibile, solo e soltanto stranieri a lavorare.
Capita che mi fermo a parlare con loro, qualora si mostrino disponibili, e faccio domande relative alle condizioni di lavoro. Di questa situazione ne parla alla Redazione il Vescovo della Diocesi dei Marsi, Sua Eccellenza Pietro Santoro, referente dell’Associazione Migrantes, il quale, contattato telefonicamente, dichiara che «allo stato attuale ci sono ancora casi di lavoratori immigrati senza regolare contratto di lavoro, sottoposti a turni di lavoro massacranti con paghe irrisorie e casi di caporalato». Inoltre, aggiunge il Vescovo, che «c’è stata un’evoluzione di queste condizioni, per cui esiste anche una buona fetta di lavoratori stranieri contrattualizzati e regolarizzati».
Ovviamente ci sono tantissime altre problematiche celate sotto questo quadro, ma in questa occasione ho preferito parlare da fotografa, da colei che, interessata a questa realtà, si aggira nel Fucino con l’intento di realizzare foto che esprimano l’anima straniera di un territorio italiano. Chilometri e chilometri di terre, panorami mozzafiato, colori e odori caratteristici, paesaggi suggestivi. Purtroppo però, tutto questo è tale grazie agli immigrati che, «pur di guadagnare qualcosa, si sottomettono ore ed ore a regole ingiuste e sfruttamento», come lo stesso Vescovo ha puntualizzato.

 

Foto di Elisabetta Venditti

L’aspetto bello in questa cornice poco idilliaca sta nel fatto che, quando vedono che li sto fotografando, guardano l’obiettivo e sorridono, a volte si mettono in posa, mi salutano, chiedono perché, incuriositi dalla mia presenza. Spesso la fotografia suscita questo effetto, sebbene mostri i lati del mondo anche più oscuri. Cattura, però, quella sottile realtà che soltanto chi è in grado di notarla, poi, può riprodurre.

 

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