Giuseppe Lalli racconta di quando da ragazzo, soprattutto al termine delle lezioni, mentre aspettava la corriera che dall’Aquila lo avrebbe riportato al paese e faceva freddo, di sedersi al tavolo di un grande Caffè aquilano, uno di quei locali che avrebbe ricordato i Caffè parigini, se non fosse stato per una certa atmosfera provinciale che vi si respirava.
Gli capitava allora, mentre ripassava una lezione o scriveva degli appunti, di gettare uno sguardo ai vicini di tavolo e di porgere un orecchio alle loro conversazioni. Questo non succedeva perché fosse interessato ai fatti degli altri, ma solo perché credeva, e crede, che gli esseri umani siano, nonostante tutto, gli “animali” più interessanti che ci sia dato di incontrare.
Il gran teatro della vita è sempre più interessante e sorprendente del teatro dell’arte. Prima ancora di leggere del grande scrittore francese George Bernanos, che scriveva nel tempo libero che gli lasciava la sua professione di ispettore assicurativo e lo faceva durante i viaggi in treno o seduto ai tavoli dei Caffè. Anche lui di tanto in tanto sentiva il bisogno di staccare lo sguardo dal foglio e posarlo sul viso delle persone che gli stavano vicine. Lo faceva per non perdere il contatto con la realtà e forse per ricordare a se stesso che la letteratura ha sempre per tema la vita e gli uomini in carne e ossa.
Lalli racconta che c’era, vicino al suo tavolo, una donna anziana che parlava amabilmente con una ragazza che la chiamava “nonna”. La donna anziana mostrava ancora sul volto i segni di una bellezza che il tempo aveva scalfito ma non cancellato, quella bellezza ineffabile che brilla spesso nel viso delle donne italiane. La ragazza, moretta e minuta, aveva un viso grazioso e uno sguardo pieno d’istinto. S’indovinava, dalle loro parole, un affetto forte, e quella complicità che c’è solo tra nonni e nipoti.
La giovane accennava ai suoi problemi di adolescente, alle incomprensioni con i genitori e alle ristrettezze economiche della famiglia. La nonna l’ascoltava con molta pazienza, emettendo ogni tanto un sospiro, come a voler sottolineare che si calava nei suoi panni. Le ripeteva: “Figlia me’, ci vòle pacenzia…”.
Alla fine della conversazione, si alzarono. La nonna andò a pagare la consumazione e fece alla nipote il regalo di una banconota. Mentre uscivano la donna anziana disse: “Io t’ho sempre voluto bene e sempre te ne vorrò. Tu lo sa’ che t’aiuterò sempre. Tu si’ brava co’ lla famiglia, me raccommanno e la Madonna t’accompagna”.
Fuori, le vetrine dei negozi erano piene di addobbi natalizi. Si udiva in lontananza il suono delle zampogne, fiocchi di neve cominciavano a volteggiare nel cielo cupo. Nell’aria ovattata risuonavano le voci: “Auguri!”, “Buon Natale!”.
Nonna e nipote presero la strada che conduce alla chiesa di San Bernardino. E Giuseppe ebbe la sensazione, che lo accompagna tuttora, che camminassero ai bordi dell’infinito…