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Sfida a colpi di presepe a Capistrello: trenta allestimenti per la gara natalizia

Ieri, 29 dicembre, la cittadina marsicana di Capistrello è divenuta il regno dei presepi. Si è svolta in un tardo pomeriggio di fine dicembre, infatti, la gara di presepi organizzata dalla Confraternita di Sant’Antonio. Obiettivo dell’iniziativa, svoltasi all’interno della Chiesa di san Giuseppe, era favorire il risveglio degli animi dei cristiani e, inoltre, riavvicinarli all’originario spirito religioso.

«L’esigenza di riscoprire il sacro valore del Natale, festa in cui si ricorda la venuta sulla terra del Messia, ha spinto la Confraternita di Sant’Antonio a organizzare una gara o esposizione di presepi». A parlare è Aldo Pizzi, capo della Confraternita. «L’invito rivolto ai capistrellani era quello di realizzare un presepe, cioè una riproduzione in miniatura della Betlemme ospitante, duemila anni or sono, la nascita del figlio di Dio. – continua l’uomo – Ci ha sorpreso positivamente il numero dei presepi realizzati e presentati alla mostra. Trenta, infatti, è un numero importante; speravamo in un buon risultato in merito all’affluenza, ma non credevamo di attirare tutti questi artisti di presepi».

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Un successo, quello ottenuto dalla gara, che si spiega, anche e soprattutto, per lo spirito che nutriva la partecipazione. Lo spirito del divertirsi, del gareggiare presentando una propria creazione, con il semplice scopo di farla ammirare agli altri, senza pretese di vittoria. Un gioco, quindi, in un certo senso, costruito statuetta dopo statuetta, capanna dopo capanna, per ricreare quel piccolo mondo verde e antico nella cornice del presente grigio e moderno.  «La bellezza della gara, però, è stata l’aver lavorato insieme. Vedere l’unità di cuori e menti prendersi per mano, per compiere una piccola opera che arricchisse l’atmosfera natalizia del proprio paese».

A valutare gli allestimenti realizzati cinque giudici, tre di Capistrello, uno di Corcumello e uno proveniente da Pescocanale. A vincere una creazione ‘made in Capistrello’, realizzata dai fratelli Massimo e Antonello Persia. Pochi i punti di distacco tra i presepi finiti sul podio decretato dalla giuria. Ciò a dimostrazione dell’eccellenza di ciascuna riproduzione e, anche, del talento di tutti coloro che hanno partecipato alla gara. «La sfida è stata aperta fino alla fine, trattandosi di allestimenti di alta qualità. Per me, ovviamente, tutti i presepi sono da primo posto. Soprattutto perché la collaborazione che ha portato alla loro realizzazione è stata l’occasione per stare insieme e trascorrere serenamente il tempo festivo, che, soprattutto negli ultimi tempi, rischia di essere assorbito nel vortice della fretta quotidiana», osserva Aldo Pizzi.

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Hanno arricchito la gara varie esibizioni: tre i cori di voci bianche che hanno cantato, la Corale Monte Arezzo, l’ Arca di Noè, cioè il coro dell’oratorio, e quello della scuola San Domenico Savio, da citare anche la partecipazione della scuola d’infanzia Bibiche Firenze. Molto apprezzate, poi, le performance del Coro ‘Canto Libero’ di Castelgandolfo e un coinvolgente Coro Gospel. Spazio, ancora, alla tradizione con l’esibizione degli zampognari. «Da ringraziare, infine, le associazioni che hanno aiutato noi membri della Confraternita nell’organizzare la mostra: il Gruppo Alpini, l’Avis Capistrello e Pescocanale, lo Sci Club Capistrello e la Croce Rossa», conclude Pizzi. Menzione speciale va fatta, inoltre, per le scuole medie ed elementari di Capistrello.

Molti i premi per tutti. I partecipanti hanno, infatti, ricevuto pergamene in ricordo dell’esperienza e alcuni portachiavi con l’effige di Sant’Antonio. Chi, invece, ha raggiunto i gradini più alti del podio, ha ottenuto anche una targa, in simbolo del successo artistico, e vari buoni da spendere in determinati negozi.

Un successo che, probabilmente, si ripeterà negli anni a venire, regalando ai partecipanti l’opportunità di concretizzare le proprie fantasie artistiche in costruzioni natalizie senza tempo. Le tradizioni, qual è, in questo caso, quella del presepe, vanno preservate. Sono parte della storia e della formazione identitaria di un popolo. Salvarle, dunque, significa conservare intatta la natura dell’uomo e, nello specifico, dell’uomo cristiano.

 

Foto di: Facebook

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