Negli ultimi trent’anni sono stati dieci i casi più o meno gravi di esplosioni di polvere pirica in aziende di fuochi d’artificio o depositi in Abruzzo, a partire da quella di Balsorano (L’Aquila), il 15 luglio 1994, dove furono sei i morti e quattro i feriti.
Diciannove anni dopo, la mattina del 25 luglio 2013, a Città Sant’Angelo (Pescara) una tremenda esplosione, con una nube nera visibile da chilometri, fece saltare in aria la premiata fabbrica di fuochi d’artificio Di Giacomo, con almeno 10 tonnellate di polvere pirica: morirono tre componenti della famiglia Di Giacomo, Mauro, il fratello Federico, un altro parente, Roberto, e poco dopo, arrivato sul posto insieme ai soccorsi, anche Alessio, il figlio 22enne di Mauro, gettatosi nelle rovine della fabbrica nel disperato tentativo di salvare i familiari e investito da una seconda, tremenda esplosione.
Rimasero feriti quattro vigili del fuoco, uno dei quali in modo serio: Maurizio Berardinucci, 47 anni, morì il 26 ottobre all’ospedale “Gemelli” di Roma, tre mesi dopo l’esplosione. A lui è stata poi intitolata la caserma del comando provinciale di Pescara.
Dopo quello di dieci anni fa un altro incidente, quasi fotocopia, sempre a luglio: nel 2014 a Tagliacozzo (L’Aquila) saltò in aria l’azienda Paolelli, provocando la morte di tre persone, il figlio 37enne del titolare, Valerio, e due dipendenti, Antonio Morsani e Antonello D’Ambrosio.
E il 21 dicembre del 2020 nuovo incidente alla Esplodenti Sabino di Casalbordino (Chieti), con tre operai morti. Ferrovia e statale 16 Adriatica rimasero bloccate per ore, fu istituita la zona rossa in attesa delle bonifiche. Nella stessa fabbrica che, con oltre 70 dipendenti, cura, recupera e tratta polvere pirica derivata da bonifiche di ordigni bellici, nel 1992 era morto il 48enne Bruno Molisani, ucciso dall’innesco di una spoletta; e nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente in un’esplosione. Oggi la nuova tragedia a Teramo, con un operaio 62enne dilaniato da un ordigno.