COMUNICATO STAMPA
Sono centinaia gli agricoltori abruzzesi che sono al Brennero fino a stasera con Coldiretti, insieme ai diecimila “colleghi” italiani, per la mobilitazione contro le importazioni sleali che penalizzano il made in Italy agroalimentare.
Tra questi, decine di giovani che si sono accampati dentro tende e camper con l’intento di presidiare per tre giorni la frontiera e difendere la salute dei cittadini e il reddito delle aziende dall’invasione di cibo straniero che finisce spesso sulle tavole spacciato come italiano. In migliaia sono invece arrivati – e stanno arrivando – in bus, facendo molte ore di viaggio, incuranti della lunghezza e della difficoltà del percorso.
“Diciamo basta alla concorrenza sleale, è necessario fermare i cibi contraffatti che passano dalle frontiere e dai porti europei, continuare nella difesa del reddito degli agricoltori e della salute dei cittadini – dice il presidente di Coldiretti Abruzzo Pietropaolo Martinelli – La mobilitazione nazionale, in continuità con il lavoro fatto dagli uffici confederali a Bruxelles in questi mesi, prosegue al passo del Brennero per mettere in luce pratiche sleali che penalizzano il nostro lavoro”.
Con Martinelli, al Brennero ci sono Emanuela Ripani, presidente di Coldiretti Teramo, Pier Carmine Tilli (presidente Coldiretti Chieti) nonchè Giuseppe Scorrano e Raffaele Alfonso, rispettivamente presidenti di Pescara e L’Aquila. Cosce di maiale danesi dirette a Modena che rischiano di diventare prosciutti italiani, uva indiana spedita a Novara, frutta sudafricana proveniente dalla Moldavia con direzione Sicilia, preparati industriali a base di uova fatti in Polonia e attesi a Verona ma anche carne ovina diretta nel Centro Italia, molto probabilmente per diventare “arrosticini abruzzesi” sono solo alcuni esempi del “fake in Italy” scoperti dalla Coldiretti al Brennero con il supporto delle forze dell’ordine hanno fermato i tir carichi di prodotti alimentari provenienti dall’estero.
In occasione della mobilitazione, è stata allestita la tavola del “fake in Italy”, l’italian sounding di casa nostra, con un vero e proprio menu fatto con lasagne alla bolognese, arrosticini abruzzesi, lenticchie umbre e molto altro, tutto di provenienza estera. Al Brennero è stata inoltre avviata la raccolta di firme per una legge europea di iniziativa popolare sull’obbligo di etichettatura dell’origine di tutti i prodotti in commercio. “Coldiretti punta a smascherare il fenomeno degli alimenti importati e camuffati come italiani grazie a minime lavorazioni, rivedendo il criterio dell’ultima trasformazione sostanziale” sottolinea il direttore regionale Roberto Rampazzo – vogliamo vengano messi in trasparenza tutti quei prodotti che sono ancora oggi anonimi e che rappresentano circa un quinto della spesa degli italiani”. Per l’Abruzzo il problema importazione riguarda principalmente l’arrosticino.
“Che il tradizionale spiedino di carne ovina simbolo dell’Abruzzo si basi sull’importazione massiccia di carni ovine estere, più facili da reperire e lavorare, non è affatto una novità – sottolinea il presidente Martinelli – più di tre arrosticini su quattro sono prodotti con carne straniera e questo è fortemente penalizzante sia per l’allevatore che per il consumatore”.
Dinanzi all’invasione di prodotti stranieri che mettono a rischio la salute dei cittadini e il futuro dell’agroalimentare tricolore Coldiretti chiede anche maggiori controlli per bloccare le truffe a tavola. Basti pensare ai recenti casi di patate straniere vendute come italiane o dei falsi carciofi brindisini di provenienza africana, o dell’olio di semi venduto ai ristoranti romani come extravergine. I valichi e i porti – denuncia Coldiretti – non possono continuare ad essere un colabrodo da cui passa di tutto. “Il Brennero è un luogo fortemente simbolico per il passaggio dei falsi prodotti made in Italy che invadono il nostro mercato – conclude Cristiana Lauriola, Delegata di Coldiretti Giovani Impresa Pescara, che è arrivata al valico domenica con una delegazione di under 30 abruzzesi – ed è da qui che rilanciamo la nostra battaglia sulla trasparenza dell’origine in etichetta che è un diritto dei cittadini europei e dei giovani agricoltori come me che investono per una agricoltura di qualità e si considerano custodi del made in Italy agroalimentare”.