Il diabete fa sempre più paura. In Italia si stimano 5 milioni di malati, ma un milione non sa neanche di esserlo. Un dramma che uccide: ogni anno fra le persone con diabete si registrano 75 mila infarti (uno ogni 7 minuti), 50 mila ictus (uno ogni 10 minuti) e 10 mila amputazioni (una ogni 52 minuti). Ogni 4 ore una persona con diabete inizia la terapia dialitica (circa 2 mila all’anno). E ogni anno circa 50 mila persone con diabete sviluppano un problema importante alla vista. E’ l’allarme lanciato dagli esperti della Società Italiana di Diabetologia (SID), in un summit a Roma in occasione della Giornata mondiale del diabete. «E’ ora di risvegliarsi da un sonno che è durato troppo a lungo e che non solo ha ridotto la potenzialità dei ricercatori dell’area del diabete che operano in Italia ma ha contribuito a declassare la malattia ad una sorta di fastidio molto diffuso ma senza particolari conseguenze per la salute, tranne pochi casi sfortunati. Purtroppo – afferma Giorgio Sesti, presidente della SID – non è così e nasconderlo impedisce non solo il sostegno alla ricerca ma anche l’accesso alle cure migliori, le uniche che possono garantire una riduzione di morti, infarti, ictus, amputazioni, insufficienza renale con necessità di dialisi, perdita della vista e tutto quello che il diabete curato male può causare».
I fondi per la ricerca sono troppo pochi, sostengono gli esperti. Le istituzioni pubbliche (Ministeri, Regioni, Università) destinano alla ricerca sul diabete fondi modesti: in media circa 2,5 milioni di euro all’anno, pari a circa 5 mila euro all’anno per ognuno dei circa 500 ricercatori attivi nell’area del diabete in Italia (moltissimi dei quali in posizioni precarie). E i cittadini fanno ancora meno per il diabete: le donazioni liberali e quanto destinato con il 5xmille ammontano a poco più di 100 mila euro all’anno. In pratica una media di circa 200 euro per ricercatore. «La ricerca sul diabete in Italia – afferma il professor Enzo Bonora, presidente della Fondazione Diabete Ricerca – si può legittimamente definire ‘orfana’ del contributo volontario dei cittadini ed è poco sostenuta anche dalle istituzioni pubbliche. Questo è comprensibile per il fatto che esiste una mancata percezione di cosa sia il diabete e del fatto che il diabete, purtroppo, può uccidere le persone o renderle disabili. E’ tempo di cambiare: è arrivato il tempo che i cittadini e i decisori politici considerino il diabete una priorità socio-sanitaria».
Occorre creare un’alleanza virtuosa tra cittadini, politici, ricercatori, clinici, figure professionali del team diabetologico allo scopo di incrementare la consapevolezza della gravità della malattia e di attrarre investimenti pubblici e privati seguendo modelli di successo applicati in altre patologie come i tumori.
Fonte AGI
Foto di: Notiziario Chimico Farmaceutico