“Giorni fa ho lanciato l’allarme sui ritardi, nulla si è mosso, mi trovo costretta a ribadire l’ovvio: i centri antiviolenza e le case rifugio hanno estremo bisogno di poter disporre dei fondi a loro dedicati. I rimborsi destinati alle Associazioni, previsti dalla determinazione N. DPF013/174, sono ancora fermi al palo. Questo impedisce non solo il recupero delle somme che spettano a queste realtà, ma blocca anche la programmazione di iniziative future. È urgente che tutti comprendano la necessità di liberare queste risorse il prima possibile. Per questo è necessario che la pratica diventi una priorità assoluta per tutta la macchina organizzativa. Ne va della sicurezza e del futuro di donne che chiedono aiuto”. Così il Consigliere regionale e Presidente della Commissione d’inchiesta sull’emergenza idrica Sara Marcozzi, che torna a occuparsi di fondi per centri antiviolenza e case rifugio.
“I giorni passano – aggiunge Marcozzi – nulla si muove e l’assessore Quaresimale sembra desaparecido. Mi trovo costretta a segnalare nuovamente che, a oggi, nulla è cambiato. Si continuano ad accumulare ritardi, generando una situazione di inerzia che, a mia memoria, non si era mai vista in Regione Abruzzo su un tema determinante per la sicurezza delle donne”.
“Ricordo che il Consiglio regionale – prosegue Marcozzi – ha dato un’indicazione chiara in merito al sostegno a centri antiviolenza e case rifugio quando, nell’ultima sessione di bilancio, ha approvato un emendamento a mia firma che incrementa di 150 mila euro all’anno i fondi regionali a disposizione dei centri antiviolenza e delle case rifugio. Ma l’aumento dei finanziamenti è inutile se non viene seguito da un’azione altrettanto rapida da parte della burocrazia regionale”.
“Queste Associazioni svolgono ogni giorno il proprio ruolo di presidio del territorio a protezione delle donne, e a questo compito, già molto gravoso, non può aggiungersi una macchina amministrativa che non dà il supporto e non eroga materialmente i soldi. Mi auguro che le risorse vengano sbloccate a stretto giro e, soprattutto, che non si debbano denunciare ancora certi ritardi”, conclude Marcozzi.