COMUNICATO STAMPA
La progressiva rarefazione dei servizi è la caratteristica dominante e, al tempo stesso, una concausa e un effetto dello spopolamento in atto nei piccoli centri dell’interno. Il peggioramento della qualità della vita e le limitate possibilità di formazione e di lavoro spingono le giovani generazioni a lasciare questi luoghi per cercare maggiori opportunità altrove. Il peggioramento delle strutture viarie rende difficile e in qualche caso impossibile l’insediamento di unità produttive di qualsiasi tipo, oltre a creare problemi seri a quelle strutture produttive che già operano in questi territori. La carenza di strutture culturali, inoltre, porta all’impoverimento della vita civile e delle relazioni umane, indispensabili per la valorizzazione e della tutela del grande patrimonio artistico che in questi centri si è sedimentato nei secoli.
Per tanti anni, soprattutto nelle regioni dell’Italia centrale, le amministrazioni comunali innervate da persone colte formatesi nelle grandi università del nord e del sud, hanno lavorato per fare dei borghi dell’Umbria, delle Marche, del Lazio e anche di alcune parti del territorio abruzzese e molisano un brand turistico nazionale. Esempio della capacità di resilienza di quella Italia di mezzo che metteva nella conservazione del patrimonio urbanistico e ambientale, ereditato dalle generazioni precedenti, tutta la propria intelligenza.
Oggi sembra che non sia più così. Il terremoto che ha colpito tutta l’Italia centrale, il dissesto idrogeologico e le avversità naturali hanno colpito la maggior parte di questo patrimonio nelle città, come L’Aquila, ma soprattutto in tanti piccoli centri.
Tra cittadini e amministratori pubblici si va, purtroppo, diffondendo un senso di impotenza e pessimismo. Ci si chiede: “È utile lavorare per riportare questi paesi allo splendore di un tempo? O non sarebbe meglio se le generazioni più giovani pensassero al loro futuro costruendosi una vita altrove?”
Qualora questo sentimento dovesse prevalere, i piccoli paesi sarebbero destinati alla desertificazione e verrebbe meno quel patrimonio immateriale, fatto di tradizioni, di espressioni culturali, di pensiero e di eventi espressione di tante comunità, che negli anni ha trasportato in quei luoghi visitatori da tutto il mondo.
Occorre, tutti insieme, fare rete e mettere in campo azioni che invertano la tendenza.
In particolare il lavoro intrapreso dal 2013 per la candidatura a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco della Festa di San Domenico Abate e Rito dei Serpari dalla comunità di Cocullo, che ha avuto una pausa a causa della pandemia, riprende oggi su nuove basi proponendosi come vetrina e patrimonio di tutto il territorio dell’Appennino.
Proponente il dossier sarà la rete dei comuni della Valle del Sagittario (Cocullo, Anversa degli Abruzzi, Villalago, Scanno, Bugnara ed Introdacqua) tutti legati alla devozione a San Domenico. La “rete” comprende poi un cerchio più ampio ugualmente e variamente legata alla devozione al Santo, che comprende i comuni della Ciociaria (Sora, Collepardo, Atina, Villa Latina e Sant’Elia Fiumerapido); quelli della fascia pedemontana della Maiella teatina (Villamagna, Pretoro, Palombaro e Pizzoferrato); quelli del Molise (San Pietro Avellana e Fornelli) e Foligno, pese di origine di San Domenico. Tutte queste comunità, nel loro lavoro di aggiornamento del dossier di candidatura, saranno sostenuti dalla Regione Abruzzo, dalla Provincia dell’Aquila e di Frosinone, dall’Aci Abruzzo e dall’Anci Lazio, oltre che da associazioni ed istituzioni di prestigio come Italia Nostra, il Wwf, Ambiente è/e Vita, l’associazione dei Parchi Letterari, il Pnalm ed il Parco della Maiella. La rete dei comuni si è data un programma di lavoro che, in sé, indipendentemente dal raggiungimento, auspicato, dell’obiettivo “Patrimonio Unesco”, rappresenta un valore importante per la crescita e l’arricchimento culturale e sociale delle comunità coinvolte.
In prospettiva, alla luce del lavoro autonomamente intrapreso dalle comunità viciniori di Scanno (riconoscimento del Costume scannese) e Pacentro (con il riconoscimento della Corsa degli Zingari), ed alla luce della ricchezza delle manifestazioni della cultura popolare del territorio, che deve continuare, ci si propone di raggiungere l’obiettivo di una candidatura “di rete” che coinvolga tutto il “percorso della Cultura Popolare” del Centro Abruzzo.