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Collarmele, sequestrato impianto produzione di biogas

Le indagini sono state avviate da tempo a causa dei fanghi e delle esalazioni maleodoranti provenienti dall’impianto, denunciati dalle autorità e dalla stampa

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Il 27 ottobre scorso, i Carabinieri Forestali della Stazione di Celano (L’Aquila), in esecuzione del Decreto emesso dal GIP del Tribunale di Avezzano (L’Aquila), D.ssa Daria Lombardi, hanno eseguito il sequestro preventivo dello stabilimento THINK ECO AGRI srl, sito in località La Forma di Collarmele (L’Aquila), per attività di gestione di rifiuti non autorizzata.

L’impianto industriale opera nel settore della produzione di energia elettrica da biomasse.

Da tempo, cittadini, diverse autorità, associazioni ambientaliste e stampa avevano evidenziato come i liquidi di percolazione provenienti dal digestato (materiale che resta dopo i processi di trasformazione cui si sottopone la biomassa) invadevano diverse aree dello stabilimento trasformandole in zone melmose e maleodoranti.

I militari della Stazione Carabinieri Forestale di Celano, delegati dal Pubblico Ministero, Dr. Andrea Padalino Morichini, in collaborazione con la Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano (AQ) e con i tecnici dell’ARTA, hanno approfondito indagini che hanno evidenziato come i liquidi maleodoranti provenissero dall’irregolare deposito/stoccaggio del digestato (di cui si è trovata una quantità di circa 5.000 metri cubi) posto direttamente su terreno non impermeabilizzato e, senza le dovute opere di contenimento, invadevano i terreni circostanti. Inoltre, si è accertato che circa 90.000 tonnellate di digestato liquido è stato sparso su altri terreni, facendo figurare un utilizzo agronomico di tale sottoprodotto dell’impianto (invece di considerarlo come rifiuto), portandolo fuori dallo stabilimento con documenti di trasporto integralmente falsi.

I militari hanno rilevato ulteriori irregolarità nella gestione e nello stoccaggio di altre tipologie di rifiuti prodotti nell’impianto, come detriti di demolizione, materiali ferrosi, oli lubrificanti, filtri ed imballaggi.

Le risultanze investigative hanno portato alla richiesta e successiva emissione del sequestro preventivo ed all’iscrizione sul registro degli indagati dei legali rappresentanti della società di gestione dell’impianto, E.S. di anni 50 e F.T. di anni 30; di G.T. di anni 25, legale rappresentante di altra società affittuaria dei terreni limitrofi all’impianto ove erano accumulati i rifiuti solidi; e di N.C. di anni 58, che trasportava e spandeva in altre località i liquidi provenienti dai residui delle biomasse già utilizzate nell’impianto.

I reati ipotizzati sono l’attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista dal D. Lgs. 152/2006 all’art.256 commi 1,2 e 3, in concorso tra loro (violando l’art.110 del Codice Penale).

Tali violazioni sono punite con l’arresto dai tre mesi ai due anni o un’ammenda da 2.600 a 50.000 euro, in relazione all’accertamento della natura dei rifiuti (la pena maggiore si applica se trattasi di rifiuti pericolosi).

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