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Corsisti operatore turistico alla scoperta delle proprie radici

"Ritorniamo nelle nostre dimore, soddisfatti di aver vissuto una giornata in piena sintonia con l’ambiente, con la ricchezza di aver rivissuto le nostre radici"

COMUNICATO STAMPA

Radici come identità, intima essenza di qualcosa. Esse sono le fondamenta per costruire il futuro. È altrettanto vero, e siamo soliti affermarlo, che la storia si ripete, infatti è evidente come la parte marcia del passato, anche a distanza di tempo, fa la sua comparsa. Esempio, purtroppo, sempre attuale, ne sono le guerre, laddove un solo lembo di terra conteso, rappresenta il pretesto per la rivendicazione delle propria identità, diviene motivazione, assolutamente ingiustificabile, dell’operato squinternato dell’uomo.

In questo, forse, il meccanismo di trasmissione delle proprie radici ha qualcosa di sbagliato e irrimediabilmente confuso! Se, per motivi di salvaguardia delle persone, ci si trova costretti a ricevere, in un determinato ambito, esseri umani che non ve ne hanno dalla nascita, dovremmo essere pronti a ricreare quelle condizioni necessarie, atte ad una degna e giusta accoglienza, ma, purtroppo, la realtà, spesso, ci dimostra il contrario.

 

Le radici sono fondamenta culturali e sociali di ogni singolo individuo, il tracciato di vita deve, comunque, partire da un punto fermo, che viene tramandato ad ognuno attraverso la storia familiare e il territorio di appartenenza. Diversificare il percorso naturale deve rappresentare una scelta e non una condizione necessaria e obbligata per la sopravvivenza. Laddove la desertificazione di intere aree è avvenuta, per indole del consumismo ed edonismo sregolato, vi è la vera sconfitta dell’umanità nella trasmissione dei valori, dell’amore per il proprio ambiente, della propria identità, del proprio territorio, della capacità di scambio culturale, della fraternità, della socialità, della condivisione, delle tradizioni, della genuina idea di comunione e, soprattutto, dell’insana perdita di quelle radici tradizionali del vivere civile, libero, proficuo, sereno e degno dei migliori insegnamenti filosofici.

 

E nella riscoperta della nostra identità che abbiamo deciso di fare la quinta uscita esperienziale, prevista nel piano di studi, come operatori turistici, dell’attività formativa che si tiene a Sante Marie, con ritrovo nel cortile antistante la chiesa di “Santa Lucia”, principale luogo di culto cattolico della città di Magliano dei Marsi, che il disastroso terremoto del 1915 la rase quasi completamente al suolo,. Quella di oggi è una fedele ricostruzione di ciò che erano le caratteristiche originali. Ci fa da guida il Dott Adelmo di Felice, pieno di cultura tradizionale e di sapiente entusiasmo, nell’illustrarci tra aneddoti e storia reale tutte le epoche di Magliano, le vicessitudini, le leggende e gli sviluppi economici e paesaggistici di una città che conta più di 3.000 anime, situata nell’area dei “piani Palentini”, al centro della Marsica, ai piedi del Monte Velino e ricca di colline dal verde brillante in primavera e culla per la neve in inverno. Ed eccola la ‘fontana di giugno’, localmente chiamata “Saturno”, posta nella parte alta della cittadina, uno dei duplicati in ghisa artistica dell’originario prototipo marmoreo chiamato “L’Été”, opera di Mathurin Moreau.

Nel frattempo, ci distraiamo con una dimostrazione del gioco del cacio, antica tradizione di tanti paesi marsicani, sfida aperta per gli uomini del luogo. Gambe in spalla il nostro sguardo si perde in tanta natura autunnale. Ed è all’arrivo al centro visite riserva naturale orientata “Monte Velino” che ci si dà informazione su quello che andremo a vedere al “museo dell’uomo e della natura”, qui entriamo nel vivo dell’interagire armonioso tra l’uomo, l’orto botanico e l’area faunistica.

Diveniamo un tutt’uno con le nostre radici, quelle terriere, fatte di contatto diretto con l’ambiente che ci circonda e i suoi ospiti, con il primitivo e l’evoluzione, con la necessità di preservarsi dalla fame e dai predatori, in concerto con tutto quanto al nostro solo sguardo appartiene. Pausa pranzo per ritemprarci e per trovare nuove energie per immedesimarci di nuovo nel contesto architettonico: la chiesa di “Santa Maria di Loreto”, dell’800, molto frequentata dalla comunità del posto, segno tangibile dell’attaccamento della popolazione a questo luogo di culto molto antico, ci fa da guida il Dott. Marco Felli, fortemente attaccato alle sue origini, ciò si evince nel suo entusiastico e attento parlare di tutto quanto è storia di questo luogo.

Mentre, davanti a un the caldo, causa pioggia battente, dal Dott. Americo Tangredi, ascoltiamo la storia della tomba di Perseo, monumento sepolcrale di epoca romana, sull’antica Via Valeria. L’ipotesi, che i resti siano davvero la tomba del famoso re di Macedonia, è molto suggestiva e sicuramente affascinante, ma poco veritiera! Con lui ci dirigiamo a Rosciolo per la visita alla Chiesa di “Santa Maria in Porclaneta”.

 

Piccola chiesa romanica edificata, con ogni probabilità, nella prima metà dell’XI° secolo, un incanto, perla di bellezza tra la natura dove, nella soffusa luce, si respira una religiosità sentita, silenziosa e rigenerante. Col sole che comincia a tramontare, co dirigiamo verso la chiesa di ‘San Sebastiano’. L’edificio è a navata unica, con tetto a capanna, con una facciata semplice, ma con un pregevole portale lapideo di scuola abruzzese, riferibile al cinquecento, con un architrave con lunetta a tutto sesto. Una spiegazione ricca e interessante sull’affresco del 1564, raffigurante San Sebastiano, copia di quello della chiesa parrocchiale. Ritorniamo nelle nostre dimore, soddisfatti di aver vissuto una giornata in piena sintonia con l’ambiente, con la ricchezza di aver rivissuto le nostre  radici e riconoscenti verso la corsista Lucia Di Berardino, e la sua Nobile Famiglia per la squisita cortesia riservataci nell’accoglierci e nell’offrirci un lauto pasto, “denso” di ogni bene di Dio, organizzatrice eccelsa e attenta di questa splendida quinta uscita esperenziale.

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