Una soluzione per studiare il vulcanismo di Venere proprio dietro l’angolo? A risolvere il problema viene in aiuto un gruppo di ricercatori guidati dall’INAF – Osservatorio Astronomico d’Abruzzo, i quali propongono l’Etna come un possibile analogo terrestre per lo studio di Idunn Mons, un vulcano venusiano forse tutt’ora attivo e che in base ai dati attualmente disponibili si ritiene abbia eruttato in tempi geologici recenti. Venere e i suoi vulcani (attivi e non) sono tra gli obiettivi principali delle future missioni che studieranno il gemello infernale della Terra, il secondo pianeta più vicino al Sole. L’articolo, pubblicato di recente sulla rivista Icarus, riaccende i riflettori sull’Etna, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, che permetterà ai geologi di testare tecniche di analisi dei dati radar per l’individuazione di attività vulcanica in corso. Allo studio hanno partecipato diversi istituti e università in tutto il mondo, come l’Osservatorio Etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV).
Piero D’Incecco, primo autore dell’articolo e ricercatore presso l’INAF d’Abruzzo, spiega che “la comparazione ha evidenziato che entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift e che la presenza sui fianchi di Idunn Mons di strutture vulcaniche di piccole dimensioni, morfologicamente simili ai coni di scorie presenti sui fianchi dell’Etna”.
L’Etna è un vero e proprio laboratorio naturale a cielo aperto per i geologi che si occupano di vulcanismo, perché facile da raggiungere e perché è possibile effettuare osservazioni in-situ prelevando campioni di lava che saranno poi comparati con quelli prodotti dalle future missioni su Venere. I dati aiuteranno a definire il livello di similarità con le lave dei vulcani venusiani. Due le future missioni con obiettivo Venere: quelle della NASA VERITAS e DAVINCI, la missione ESA EnVision e la missione ISRO Shukrayaan-1. Alla ricerca ha partecipato anche Gaetano Di Achille, ricercatore dell’INAF d’Abruzzo, co-investigator della missione VERITAS ed esperto di geologia planetaria. Di Achille ha di recente preso parte anche a una spedizione della NASA in Islanda per lo studio dei vulcani islandesi come possibili analoghi terrestri per Venere.
“La facilità di accesso permetterà anche di utilizzare l’Etna come possibile area di test per operazioni di perforazione del suolo da parte dei lander che atterreranno sulla superficie di Venere grazie a future missioni come la Roscosmos Venera-D”, spiega D’Incecco, di recente nominato nel Comitato direttivo del Venus Exploration Analysis Group (VEXAG) della NASA, per un mandato di 3 anni.
La comunità scientifica concorda sul fatto che il vulcanismo su Venere sia comparabile al vulcanismo di tipo hot-spot terrestre. Un esempio lampante sono i vulcani hawaiani, effusivi e caratterizzati da lave molto fluide. La presenza su Venere di strutture vulcaniche morfologicamente simili ai coni di cenere terrestri, che invece sono tipici di un vulcanismo esplosivo, apre una serie di interrogativi sulla possibilità che anche su Venere – seppur localmente – possano verificarsi episodi di vulcanesimo esplosivo. “Le future missioni su Venere ci aiuteranno a far luce anche su questa possibilità, che se confermata rivoluzionerebbe la visione attuale che abbiamo del vulcanesimo venusiano”, aggiunge il ricercatore INAF.
Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, evidenzia: “Il vulcano Etna a partire dal XIX secolo in poi è stato, e continua ad essere, un laboratorio di ricerca per tutta la comunità scientifica italiana e internazionale riguardo gli studi di tipo geologico, vulcanologico, geofisico e geochimico e, grazie al sistema di monitoraggio multiparametrico dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, è uno dei vulcani meglio studiati al mondo. Questo lavoro evidenzia ancora di più questo aspetto anche per quanto riguarda lo studio del vulcanismo planetario, come nel caso di Venere. Infatti le notevoli conoscenze sulla storia eruttiva del vulcano siciliano, acquisita durante gli studi realizzati per la pubblicazione della carta geologica dell’Etna alla scala 1:50.000, unitamente alla conoscenze sull’attività recente hanno permesso di fare una comparazione morfostrutturale con il vulcano Idunn al fine di individuare possibile evidenza di vulcanismo attivo su Venere”.
L’analisi delle differenze e delle analogie tra strutture vulcaniche di pianeti diversi come Venere e Terra ci ricorda che non esiste un analogo “perfetto”, e che quindi è fondamentale studiare quanti più analoghi possibile, dato che ogni vulcano terrestre può aiutarci ad approfondire e comprendere meglio un aspetto specifico del vulcanismo venusiano.
L’articolo pubblicato su Icarus è il primo tassello del progetto “Analogs for VENus’ GEologically Recent Surfaces” (AVENGERS), a guida INAF e che è stato ufficialmente presentato alla Lunar and Planetary Science Conference a Houston a marzo del 2023. Questo progetto, durante i prossimi anni, si occuperà proprio di selezionare e studiare una serie di vulcani attivi sulla Terra che possano fungere da analoghi per Venere.