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Delirio Derby, Lo Schioppo in paradiso

Il sole al risveglio, in un lunedì apparentemente come tanti, è un po’ più grande a guardarlo con gli occhi assonnati di chi ieri sera ha festeggiato fino allo stremo.

Oggi è già tempo di vivere i ricordi, le sensazioni però sono ancora sulla pelle.

A ripensare a certi momenti arriva fitto un colpo alla bocca dello stomaco e viene quasi spontaneo tornare indietro con la mente a ricercare più e più volte gli stessi momenti, le stesse scene, le stesse emozioni.

Nervi e coronarie a rischio nel derby rovetano tra Pero dei Santi e Lo Schioppo, evento sportivo per eccellenza della recente storia calcistica locale, più di una semplice partita da tre punti, la posta in palio era quella ingombrante di un campionato intero. Pronostici azzerati dalla carica emotiva del match: ai neroverdi di Morino bastava un pareggio per chiudere la stagione, gialloblu di casa costretti a vincere per giocarsi tutto all’ultima di campionato sul campo del Cerchio, sperando che l’Aielli andasse a fare risultato contro Lo Schioppo.

A sentire chi c’era immaginiamo un vero e proprio esodo calcistico, «sembrava di essere alle feste di Ferragosto», «mai vista tanta gente», e poi ancora «macchine parcheggiate ovunque».

sc2La partita non ha disatteso le aspettative, sei gol, tre per parte, un’altalena emotiva per duri di cuore e difficilmente qualcuno dei presenti potrà dimenticare quell’incertezza continua. Ora sei dentro, ora sei fuori, ora ce l’hai fatta, ora non più. Lacrime se ne sono viste, qualcuno piangeva di rabbia e delusione, altri non riuscivano a soffocare la gioia, non sapevano più come liberare l’urlo represso.

All’intervallo i giochi erano ben definiti, il Pero vinceva 2-0: prima l’erroraccio di D’Ambrosio, poi il calcio di punizione dalla mattonella di D’Amico, a confermare i numeri della gara d’andata. Lo Schioppo rientrato nello spogliatoio faceva fatica a sollevare la testa, davanti agli occhi solo l’incubo della sconfitta, e chissà se era maggiore la paura o il senso di confusione. Giovarruscio chiamato a restare lucido, in questi casi ci si aspetta il miracolo, magari due o tre frasi a effetto che risvegliassero le gambe. «Non stiamo giocando. Ora torniamo fuori, se cominciamo a giocare possiamo farcela, altrimenti stiamo perdendo e perderemo».

scMessaggio recepito, al ritorno in campo la piega della gara è cambiata. Quaranta minuti e il 2-0 è diventato 2-2; Cicchinelli due volte a segno, Cicchinelli a riscrivere la storia, Cicchinelli impazzito e sopraffatto dalla sua gente. A cinque dalla fine il campionato era definitivamente chiuso, o quasi: il destino aveva in mente di stravolgere i cuori sugli spalti ancora per  qualche minuto. Eccolo allora l’incubo tornare, la palla insaccata da Zuccari alle spalle di D’Ambrosio era molto più di uno spettro irreale. Il 3-2 era lo specchio esatto del derby d’andata, con tanto di beffa amara nel finale. E poi era la fine del sogno. I volti pallidi sugli spalti avevano un’unica parola scritta sulla fronte: rassegnazione. Se pure fosse esistita la speranza, a quel punto non ve n’era più traccia. Qualcuno urlava di rabbia arrampicato sulla rete, qualcun altro invece non parlava più. «Io sono andata via – dice la moglie del mister – non potevo più restare. Ero con mia cognata, siamo salite in macchina e siamo tornate a casa, senza dire una parola. Ho fermato la macchina sotto casa sua e le ho chiesto di scendere, è stato allora che le è suonato il telefono – Pronto? – Abbiamo pareggiato ancora!!! – una voce urlava confusa. Ho girato la macchina e sono tornata al campo, non avete idea di cosa ci fosse laggiù». Eh già, il caos più totale, la situazione si era ancora capovolta, stavolta l’eroe ‘last minute’ era Bucci, mattatore finale e ultimo artefice del 3-3 che non sarebbe più cambiato. Minuto 97 entrato ufficialmente nella storia de Lo Schioppo, poi, due giri di lancette più tardi, il triplice fischio del direttore di gara. Alle 17 e 54 la Terza categoria aveva la sua regina, con tanto di sudditi fedeli e appassionati.

sc4Subito dopo l’esplosione della festa: sfilate, brindisi, cori, voci rotte e magliette ad hoc preparate in gran segreto da DS Pagliaroli e tirate fuori dal bagagliaio della macchina. Scusate la fretta, la Seconda ci aspetta. Ce n’è una anche per la più piccola delle tifose, Anna. Lei che forse non ricorderà nulla di questa giornata, ma che è stata la mascotte del paese e che un giorno ascolterà i racconti di suo papà, Nico, il capitano, simbolo e anima di questi colori.

 

fraE poi ancora ‘Franceschino’, figlio di mister Giovarruscio, festeggiato dai giocatori a mezzanotte, allo scoccare del suo tredicesimo compleanno. Lui che non ha dormito per una settimana in attesa della partita, lui che avrebbe fatto di tutto per regalare quella gioia a suo papà, lui che, invece, quelle candeline spente coi suoi eroi non le dimenticherà mai.

 

 

Poi c’è l’altra faccia del derby: chapeau per un’avversaria fiera e instancabile, capace di non demordere anche quando era difficile continuare a crederci. Mai sconfitta nel doppio incontro, sempre in partita e sempre a testa alta. Pero dalle grandi speranze, meritevole di tutti gli onori del caso, anche e soprattutto per l’atteggiamento dei ragazzi in campo, generosi e rispettosi nel complimentarsi coi vincitori mentre la ferita bruciava di delusione.

 

 

 

 

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