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Le “Faolétte” illustrate di Roberto Cipollone tra storia e tradizioni marsicane

Sul solco della stessa tradizione orale Cipollone trae ispirazione anche da una delle canzoni dialettali scritte dal padre Osvaldo

Roberto Cipollone è un figlio d’arte che ha raccolto dal padre Osvaldo la passione per la ricerca e l’amore verso la propria terra, radici da cui è nato il suo settimo libro, “Faolétte”, che raccoglie dodici storie illustrate tutte incentrate sulla Marsica. Dallo stesso territorio provengono anche i nove illustratori ed artisti coinvolti e messi insieme dall’autore di Cese: Alleg, Barbara ed Emanuela Cipollone, Vanessa Croce, Fabrizio Del Monaco (sulmonese per nascita), Miriam Murzilli, Eliseo Parisse, Martina Troisi e Violinoviola. “Un segno di attenzione”, scrive lo stesso autore, “che contiene anche il desiderio di maggiore autenticità e coinvolgimento, diciamo pure di affetto verso temi che sentiamo come nostri”.

Lo stesso affetto ispira innegabilmente anche il curatore della prefazione, l’avezzanese Domenico Paris, secondo cui il libro incarna l’incontro “tra l’anima territoriale dell’autore ed il genere letterario in grado forse più di tutti gli altri di forgiare una coscienza collettiva, un meraviglioso transfert tra chi legge e chi ascolta”.

Nei prossimi giorni “Faolétte” riprenderà il proprio viaggio lungo alcuni dei luoghi raccontati nelle pagine del libro, con diverse presentazioni programmate a Pescina, Luco e Gioia dei Marsi, Aielli, Tagliacozzo, Cese. Questa raccolta illustrata, infatti, trae ispirazione da leggende, fatti e segni della tradizione orale marsicana. In una delle prime “faolétte”, in particolare, il lago Fucino torna ad animarsi con il pesce dalle otto pinne descritto da Plinio, mentre nell’ultima riappare la Dea Angizia, immaginata poco più che bambina con il nome che usavano i Marsi. In un altro racconto, invece, storia e leggenda fanno incrociare il “mazzamurello”, il folletto dei boschi abruzzesi, con le vicende dei briganti consumate sui monti marsicani.

La storia torna, tuttavia, prepotentemente quando l’ispirazione si scontra con il terremoto del 1915, in una prima notte di racconti, abbandono e disperata speranza. “Perché, se servono a qualcosa”, scrive l’autore “le favole servono a questo: a dire che una figliastra può diventare una principessa, se conserva la propria cifra” (e così scriveva Antonio De Nino raccogliendo a fine ‘800 le fiabe abruzzesi e marsicane, come “Lu cuscinill” qui riadattato).

Sul solco della stessa tradizione orale Cipollone trae ispirazione anche da una delle canzoni dialettali scritte dal padre Osvaldo, così come da tre filastrocche delle nonne, “che allora come adesso non hanno la pretesa di raccontare, ma solo di ispirare, incantare, di evocare immagini”.

Attraverso le proprie ispirazioni, soprattutto quelle legate al presente, infatti, l’autore parla di alcuni temi cari come la forza degli affetti, o il valore dell’amicizia e della forza morale contrapposta al pregiudizio ed all’esaltazione estetica. Temi di massima attenzione e centralità, su cui si l’autore invita a riflettere attraverso queste originali “faolétte”.

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