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Matteo Farge porta l’Abruzzo “sul palco” del più grande concorso d’Europa per autori

L’ultima parola a Mogol e Francesco Gazzè, il contest dedicato ai songwriters arriva alla sua XIII edizione

L’Abruzzo torna ad essere protagonista al TMF, uno dei più grandi concorsi musicali d’Europa dedicato alla musica e agli autori, battezzato da Mogol (pseudonimo di Giulio Rapetti), giunto alla sua XIII edizione.

L’estrema spontaneità e la sensibilità artistica hanno portato il giovane poeta abruzzese, Matteo Di Fabio, in arte Matteo Farge – originario di Civita D’Antino (L’Aquila), nato a Guardiagrele (Chieti) – ad aggiudicarsi, per la seconda volta, un posto nella semifinale nazionale del Tour Music Fest- The European Music Contest nella categoria Autori, con il testo della canzone “LIMONI”.

La giuria sarà capitanata dal paroliere Francesco Gazzè, autore di molte canzoni del fratello Max, noto cantante italiano, ma anche di Carmen Consoli, Raf e molti altri.

Matteo Farge ha convinto la giuria con il suo approccio eclettico e maturo al testo dell’opera, dimostrando una capacità empatica nel trasmettere la disillusione attraverso le parole.

La giuria ha valutato la qualità dei tantissimi testi che hanno partecipato alla XIII edizione del contest, portando il testo del cantautore abruzzese in semifinale.

“Limoni” è un brano neorealista che nasce come un monologo interiore dell’autore, un flusso di coscienza impresso su carta, una fotografia nuda e cruda della realtà che viene immortalata grazie alle parole.

“Il testo gioca sulla differenza tra una ragazza e una donna maturata forzatamente per convenzione – spiega Farge – La prima cammina sulla vita con leggerezza e con una luce brillante negli occhi, portando con sé il profumo di limoni, che diventano simbolo della genuinità e della freschezza. La seconda, ha perso quella leggerezza, ha gli occhi spenti e ha smarrito per sempre l’essenza dei limoni, perché vive una vita che non avrebbe voluto”.

L’autore racconta e si racconta. La donna che si rivela tra le parole del brano non è più una adolescente, ma stranamente non ha ancora perso il profumo dei limoni. È lì, sulla linea di confine. Ha ancora la luce negli occhi, e solamente qualche “ombra Eigengrau”, un velo di “grigio nerissimo”, dovuto al tempo, ma anche a qualche sofferenza o disillusione.

L’autore si descrive come un “uomo seduto su un bidet, di fronte a un cesso utilizzato come scrivania ma con una frase in testa che parlerà di te” e si chiede “Cosa ti dovrei scrivere? Sai a memoria i cantautori e tutti i testi di De André”.

C’è poi la speranza, la forza di un amore che rappresenta la fusione tra il sentimento maturo e quello adolescenziale, realtà e fantasia, la possibilità di non spegnersi per abbandonarsi alle convenzioni grigie della realtà, un luogo in cui stare con quella donna: dalla stanza da letto, dove guardare insieme il soffitto, fino ai viaggi più avventurosi, salendo insieme “su un treno per Tozeur” ed essere finalmente liberi da tutto, chiaro omaggio dell’autore a Franco Battiato.

Tutto scompare come una ventata di profumo, la realtà è diversa, la donna immaginata forse è solo una delle tante, l’autore capisce che erano solamente sue sensazioni e suggestioni, perché l’amore è sempre diverso dall’amore, l’amore vero è quello che salva, l’amore non gioca, l’amore non si fa attendere, l’amore non è mai da sufficienza. Cosa rimane del profumo dei limoni? Quello che rimane sempre quando le persone si guardano per quello che poi davvero sono. Rimane solamente una canzone randagia. Senza casa e senza padrone.

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