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Neolaureati in fuga dall’Abruzzo

Il 35% lascia la regione dopo la laurea: è il dato più alto nel Sud Italia

Fase 2, Università: sì ad esami e sedute di laurea in presenza

È notizia di questi giorni dello spopolamento in atto in Abruzzo. Dal 2014 al 2019 sono stati persi oltre 28 mila abitanti. Al fenomeno demografico si aggiunge una vera e propria fuga dei neolaureati. L’Abruzzo, infatti, è la regione meridionale con il più alto tasso di emigrazione di giovani neolaureati con una percentuale del 35% (Svimez). Se aggiungiamo, poi, il dato del pendolarismo fatto per il 40% circa di giovani sotto i 35 anni e con un livello di istruzione medio alto, il quadro è completo.

Per contrastare l’impoverimento di talenti in atto nella nostra Regione molti parlano di rilancio dello sviluppo e dell’occupazione. Ma il vero tema è l’occupabilità. “Il problema vero non è la qualità delle strutture universitarie né tantomeno il livello di preparazione dei giovani neolaureati abruzzesi che spesso in altri contesti territoriali eccellono – spiega Ernesto D’Amato, esperto di risorse umane e occupabilità, General di Radar Academy la scuola di Management presente a Pescara e nelle principali città d’Italia -. Il nodo sta nel gap tra esigenze manageriali del tessuto produttivo abruzzese e i reali sbocchi occupazionali delle lauree intraprese. E’ qui la natura del ritardo. Dobbiamo fare in modo che l’attività di formazione universitaria sia il più possibile rispondente alle esigenze delle imprese del territorio ed avere, così, un reale sbocco occupazionale”. L’accento, quindi, non va posto sul tasso di occupazione quanto sul tasso di occupabilità dei nostri neolaureati. È un problema che dobbiamo affrontare a monte intervenendo sul percorso di formazione in rapporto alle imprese, costruendo un network organico tra università, aziende e neolaureati con finalità di orientamento al lavoro sulla base delle reali esigenze del mercato del lavoro”. Il tasso di occupabilità è quindi il vero indicatore guida dello sviluppo di un percorso virtuoso tra formazione universitaria e sbocco occupazionale che può permettere ai giovani laureati abruzzesi di invertire la tendenza in atto. È necessario, quindi investire in questo senso. “Sono abruzzese – chiosa Ernesto D’Amato – e come le altre regioni del Sud anche la mia evidenzia un tasso di occupazione dei neolaureati lontano dalla media Ue. Il mio cruccio è favorire ovunque, e in special modo nelle regioni del Sud Italia la cultura del tasso di occupabilità e dell’incontro proficuo tra università e lavoro”

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