“Il picco attuale di Covid in Cina non dovrebbe avere un impatto significativo in Europa”. Lo afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)
“Scientificamente non c’è una minaccia imminente per l’Europa” rispetto all’andamento dell’epidemia di Covid-19 in Cina, poichè le sottovartianti individuate “sono già circolanti in Ue”, ha spiegato Hans Henri Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Oms, nella prima conferenza stampa organizzata nel 2023 per fare il punto sulla situazione epidemiologica nella regione europea.
“Dalle informazioni disponibili all’Oms – ha aggiunto – le varianti del virus Sars-CoV-2 circolanti in Cina sono quelle già viste in Europa e altrove”
Kruge ha indicato che l’Oms condivide l’analisi del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), “secondo la quale al momento non si prevede che l’ondata in corso in Cina abbia un impatto significativo sulla situazione epidemiologica da Covid-19 nella regione europea dell’Oms.
Ma non possiamo accontentarci”. Il responsabile dell’Oms ha quindi sottolineato che “pur riconoscendo che la Cina ha
condiviso informazioni sul sequenziamento del virus, abbiamo bisogno di informazioni dettagliate e regolari, in particolare sull’epidemiologia locale e sulle varianti, per accertare meglio la situazione in evoluzione”.
La Cina ha registrato domenica oltre 250.000 arrivi internazionali, nel primo giorno di riapertura delle frontiere dopo l’abbandono di gran parte delle politiche restrittive della ‘tolleranza zero’ al Covid. La cifra, che rimane ben al di sotto dei flussi pre-pandemia, si è attestata per la precisione a quota 251.045 passeggeri in entrata, in base a quanto ha riferito l’agenzia ufficiale Xinhua citando i dati doganali. Nel primo trimestre del 2019, invece, la media giornaliera si era attestata a circa 945.300 arrivi, secondo le statistiche elaborate dalla National Immigration Administration.
D’altra parte, Pechino ha ammesso per la prima volta in modo chiaro l’esistenza di “opinioni diverse” sulla politica draconiana dello ‘zero-Covid’, nell’ambito di un approccio in fase di cambiamento da tempo: è stato il Quotidiano del Popolo, la voce del Partito comunista, a dare conto della serie di incontri sulla strategia anti-pandemica, sfidando la narrativa secondo cui Pechino non era preparata a modificare la sua “guerra di popolo” contro il virus.
Il sito web del quotidiano ha pubblicato un articolo di oltre 9.000 parole per spiegare le discussioni politiche sul Covid-19, fornendo un resoconto delle consultazioni dei leader con esperti medici prima del cambio di politica del 7 dicembre e delle misure adottate in seguito. Un’ammissione che è maturata nel mezzo del crescente malcontento quando la variante Omicron sta colpendo senza precedenti la popolazione tra le accuse sulla carenza di medicinali e ospedali e crematori sotto pressione. L’articolo ha raccontato una serie di riunioni tenutesi prima del cambio di politica, comprese le consultazioni con un gruppo di esperti del 30 novembre e del primo dicembre, ospitate dalla vicepremier Sun Chunlan.
Interrogato sulle restrizioni imposte da alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, ai viaggiatori provenienti dalla Cina -ai quali si esige un doppio tampone: uno prima della partenza e uno in arrivo, Kluge ha detto che “Non è irragionevole che i Paesi adottino misure precauzionali per proteggere le loro popolazioni, mentre siamo in attesa di informazioni più dettagliate dalla Cina condivise tramite database accessibili al pubblico. Per quei Paesi della nostra regione che stanno introducendo tali misure di viaggio precauzionali in questo momento, chiediamo che siano radicate nella scienza, proporzionate e non discriminatorie”.
In quanto alla situazione epidemiologica in Europa, Kluge ha detto che “dati recenti di alcuni di Paesi stanno iniziando a indicare la crescente presenza della variante ricombinante XBB.1.5 (NDR. denominata Kraken) che si sta già diffondendo rapidamente in Usa. I casi di XBB.1.5. nella nostra regione vengono rilevati in numero piccolo ma crescente e stiamo lavorando per valutarne il potenziale impatto”, invitando poi tutti i Paesi ad aumentare la sorveglianza genomica sul virus per prevenire il rischio di nuove varianti.