Una e centomila. Ma non nessuna, quello no. Perché tutti, oggi, al tempo del Covid, pare abbiano una storia negativa da raccontare sulla stato dell’arte della Sanità Marsicana.
“Questo è il ‘Percorso Covid’ di Avezzano. Nonostante mi fossi presentata con un test di due giorni prima, di esito negativo, mi hanno fatto passare in isolamento obbligato da sola in una tenda gelida quasi 9 ore”. A raccontare la sua viva e vivida testimonianza, anche sui social, è Patrizia Quintavalle, titolare di una boutique d’abbigliamento al centro di Tagliacozzo. Dalle sue parole emergenze sconforto, ineluttabilità, ma anche tanta riconoscenza nei confronti di quelli che lei definisce “gli angeli” del Pronto Soccorso di Avezzano che, nonostante tutte le avversità e una situazione descritta più volte a da più autorità come al collasso, continuano indefessi a praticare, operare. E in una parola: a fare.
“Il tampone – racconta – eseguito alle ore 19, è stato refertato alle 19 e 35, momento in cui avrei potuto lasciare la tenda ed entrare finalmente al caldo della sala d’attesa del Pronto Soccorso, in quanto negativa al virus, così come affermato dal tampone molecolare. E invece si sono dimenticati di me, fino a quando in preda al panico ho telefonato a mio padre alle 23 che è andato a chiedere delucidazioni sul mio tampone”. Avrebbero voluto visitarla a Tagliacozzo, nell’oramai famoso a livillo regionale PPI, ma per le regole Covid su scala provinciale non si può.
“La stupenda infermiera che ringraziamo, che aveva da poco iniziato il suo turno, ha controllato e mi ha immediatamente fatto entrare a fare le visite di cui avevo bisogno e la ringrazio pubblicamente perché se non fosse stato per mio padre e per lei, io sarei stata del tutto dimenticata al gelo, senza una persona che mi abbia mai chiesto se stavo bene, senza acqua e senza poter andare nemmeno in bagno”, commenta ancora Patrizia.
“Tutto ciò poteva essere evitato ma il mio tampone che avevo fatto martedì era stato fatto privatamente, quindi io con quello non avevo alcun diritto di entrare senza passare prima per questo inferno. In Pronto Soccorso, invece, sono stata trattata benissimo ed è stato eseguito tutto ciò di cui avevo bisogno, tra cui delle flebo di glucosata perché ero in evidente stato di malessere, dovuto certamente all’attesa di troppe ore al gelo”, aggiunge.
“E’ stata l’esperienza più brutta della mia vita: dopo altre tre ore in Pronto Soccorso, al caldo, sono finalmente riuscita a tornare a casa. Con queste dinamiche, a Dicembre, dentro quelle tende la gente secondo me rischia di morire”, questa la conclusione.